Tecniche innovative dei censimenti della fauna selvatica

In un’area il numero di individui  di una specie animale, viene generalmente determinato dalle caratteristiche ambientali.

La relazione tra questo numero  ed i parametri ambientali può essere più semplicemente compresa se ad esempio consideriamo: la quantità di cibo a disposizione, il numero dei siti di ricovero, la presenza/assenza di siti riproduttivi, l’escursione termica, i rapporti che intercorrono con altre specie e moltissimi altri parametri che ecologi e biologi delle popolazioni animali sintetizzano attraverso modelli matematici specifici. In sostanza l’insieme dei parametri ambientali modula il numero di individui nel tempo. In una sintesi forse troppo estrema, potremmo paragonare la nostra popolazione animale al liquido posto in un “contenitore”, lo habitat: se il contenitore è grande ne contiene molto, diversamente se il contenitore è piccolo o bucato. Il concetto è applicabile ad una lunga serie di situazioni che vanno dai processi di estinzione, di contrazione, di espansione o di colonizzazione. Ne consegue che conoscere il numero di individui ed il suo andamento nel tempo rappresenta un aspetto strategico sia  per la gestione di una specie animale che per la sua conservazione. Dove, come e quando intervenire? Come valutare i risultati? Sono aumentati o diminuiti? Questo anche quando i popolamenti animali vanno incontro a processi di vera e propria esplosione demografica; o quando, come nel caso del cinghiale, quest’ultima è concomitante con impatti o situazioni di rischio concreto. Incidenti stradali, danni all’agricoltura, rischi sanitari, impatti sulla biodiversità sono solo alcuni degli elementi ben evidenziati in un recente articolo pubblicato da ricercatrici e ricercatori italiani dell’ISPRA e del CNR su WildlifeBiology  (Focardi S., V. La Morgia, P. Montanaro, F. Riga, A. Calabrese, F. Ronchi, P. Aragno, M. Scacco, R. Calmanti & B. Franzetti, 2020). Uno dei problemi negli studi di abbondanza delle specie animali in natura è associato ai costi dei metodi messi in campo. Questi normalmente aumentano con l’accuratezza e con l’affidabilità del risultato, spesso correlato al numero di operatori necessari per la raccolta dei dati di campo e alla loro professionalità.

Lo studio è stato condotto sul cinghiale in quattro aree italiane: Monte Arcosu, Colli Euganei, Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e Tenuta Presidenziale di Castel Porziano.  Semplificando, il metodo prevede la realizzazione di percorsi notturni, durante i quali vengono registrati i dati di localizzazione degli animali contattati. La stima numerica dipende dalla probabilità statistica di osservare gli animali presenti in un’area durante un conteggio. Tale probabilità diminuisce quanto più l’animale si trova distante dall’osservatore e dal percorso. Di notte le condizioni di visibilità possono diminuire di molto la contattabilità degli animali (vegetazione, foschia,  ecc.) anche con l’uso dei potenti fari, di norma utilizzati per le operazioni di conteggio. 

La novità consiste nell’aver ampiamente testato in Italia l’uso delle termo-camere sul cinghiale. Queste hanno in qualche modo cambiano il punto di vista dell’osservatore o se si vuole la prospettiva. Coi metodi tradizionali è l’osservatore che illumina con i fari i lati del percorso e quindi gli animali presenti. Questi, se ad esempio di dimensioni ridotte o nascosti tra la vegetazione, possono sfuggire all’osservatore, confondendosi con l’ambiente circostante. 

L’uso della temo-camera, al contrario, fa in modo che sia lo stesso animale a rivelarsi all’operatore attraverso la propria temperatura corporea. Lo strumento è dotato di un sensore termico che costruisce un’immagine basata sulle variazioni di temperatura ambientali rilevate. Nel caso dei mammiferi gli individui sono più caldi dell’ambiente circostante, quindi sarà l’animale stesso a rivelarsi attraverso la diversa temperatura corporea; evidente nella foto gentilmente fornita da ISPRA. Le criticità del metodo risiedono: nei costi delle termo-camere; nei costi di formazione degli operatori specializzati e nella complessità di elaborazione dei dati. I vantaggi sono molti: l’aumento della probabilità di contattare gli animali e quindi maggiore accuratezza dei dati raccolti; la praticabilità del metodo anche in ambienti difficili da testare come quelli forestali; il basso numero di operatori necessari (due o tre); la  rapidità dei tempi di attuazione e non ultimo il costo complessivo generalmente inferiore se paragonato a metodi ove deve essere  coinvolto molto personale. Una valutazione affidabile ad esempio del numero dei cinghiali in  aree problematiche, consente la programmazione di interventi adeguati e sopratutto un’efficiente valutazione dei risultati.  La programmazione e la valutazione dei risultati, non  sono necessarie solo nel caso di contenimento degli impatti sulle attività umane. Lo stesso concetto si applica ai progetti di conservazione dove deve essere valutata l’efficacia delle azioni di tutela messo in campo.

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