Il dolore cronico è una condizione debilitante che affligge milioni di persone in tutto il mondo, limitando la qualità della vita e creando una continua ricerca di soluzioni terapeutiche efficaci.
Un recente studio condotto dal Laboratorio di Neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) ha portato alla luce risultati promettenti grazie all’innovativa tecnica dell’optofarmacologia. Questa metodologia rivoluzionaria potrebbe rappresentare una svolta significativa nella gestione del dolore cronico, aprendo nuove strade verso trattamenti personalizzati e più efficaci.
L’optofarmacologia: la precisione della luce nella terapia del dolore
L’optofarmacologia è una tecnica emergente che combina l’uso di farmaci sperimentali con l’applicazione di raggi di luce per attivarli o disattivarli in modo altamente specifico all’interno del cervello. Questa precisione permette di indirizzare l’azione del farmaco solo dove è realmente necessaria, riducendo al minimo gli effetti collaterali e potenzialmente aumentando l’efficacia del trattamento.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica eLife, ha esaminato l’effetto di due farmaci sperimentali che agiscono sul recettore mGlu5, un recettore metabotropico del glutammato cruciale nella trasmissione dei segnali nervosi. Utilizzando modelli animali, i ricercatori hanno scoperto che l’azione di questi farmaci varia significativamente a seconda della regione cerebrale in cui vengono attivati.
Due farmaci, due azioni diverse
I farmaci studiati, identificati con le sigle JF-NP-26 e alloswitch-1, presentano caratteristiche uniche. Il JF-NP-26, intrappolato in una struttura molecolare che si dissolve sotto l’influenza della luce, viene attivato solo quando esposto a una specifica frequenza luminosa.
Al contrario, l’alloswitch-1 è sempre attivo ma può essere disattivato con l’esposizione alla luce. Questa versatilità ha permesso ai ricercatori di analizzare l’impatto della modulazione del recettore mGlu5 in diverse aree cerebrali coinvolte nella percezione del dolore.
Risultati promettenti per la terapia del dolore cronico
I risultati dello studio sono stati sorprendenti: l’efficacia analgesica dei farmaci dipende strettamente dalla regione cerebrale in cui vengono attivati o disattivati. In alcune aree del sistema nervoso centrale, l’attivazione del farmaco ha prodotto un effetto analgesico, riducendo la percezione del dolore. Tuttavia, in altre regioni, l’effetto è stato opposto, aumentando la sensazione dolorosa.
“L’obiettivo principale del nostro lavoro – spiega la dottoressa Serena Notartomaso, ricercatrice del Laboratorio di Neurofarmacologia e primo autore della pubblicazione scientifica – era determinare come i recettori mGlu5 influenzino la percezione del dolore in specifiche regioni del cervello.
Serena Notarmaso
Grazie a due molecole molto diverse nella loro azione e all’uso di specifici LED inseriti nel cervello dei modelli animali, abbiamo potuto analizzare con precisione l’effetto sui recettori mGlu5 situati in diverse aree cerebrali coinvolte nella modulazione del dolore”.
Questi risultati aprono la strada a una nuova era nella terapia del dolore cronico, in cui l’azione dei farmaci può essere progettata con estrema precisione.
“La capacità di modulare l’attività dei recettori mGlu5 in specifiche regioni del cervello – commenta il Professor Ferdinando Nicoletti, responsabile del Laboratorio di Neurofarmacologia del Neuromed – offre un’opportunità unica per sviluppare trattamenti personalizzati per il dolore neuropatico.”
Verso il futuro: spegnere il dolore con la luce
Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche prima che queste tecniche possano essere applicate clinicamente, lo studio rappresenta un passo avanti significativo.
Immaginare un futuro in cui il dolore cronico possa essere “spento” semplicemente illuminando una specifica area del cervello è un obiettivo ambizioso ma sempre più vicino grazie alle scoperte dell’optofarmacologia.
L’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli continua a rappresentare un faro nella ricerca avanzata, portando avanti studi innovativi che potrebbero trasformare radicalmente l’approccio alla gestione del dolore cronico e migliorare significativamente la vita dei pazienti in tutto il mondo.
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