L’integrazione della genomica nella pratica clinica ha inaugurato una nuova era della medicina, quella personalizzata o di precisione, in cui diagnosi e terapie sono costruite sulla base del profilo genetico individuale del paziente.
Una rivoluzione che promette maggiore efficacia terapeutica, riduzione degli effetti avversi e un impatto profondo sulla prevenzione, ma che comporta anche sfide sistemiche sul piano regolatorio, economico e sociale.
Dalla teoria alla pratica: dove siamo oggi
L’analisi del genoma umano, completata nei primi anni 2000, ha aperto la strada a una comprensione sempre più dettagliata delle correlazioni tra DNA, espressione fenotipica e risposta ai trattamenti. Oggi, in ambiti come l’oncologia, l’ematologia e alcune malattie rare, l’approccio personalizzato è già operativo.
“Oggi possiamo intervenire con farmaci targettizzati su specifiche mutazioni, come nel caso delle terapie anti-EGFR o ALK per il carcinoma polmonare. L’efficacia è significativamente maggiore rispetto alle terapie tradizionali”, afferma il prof. Giovanni Tonelli, genetista molecolare presso l’Università di Bologna.
Tuttavia, l’adozione sistematica di questo approccio nella pratica clinica quotidiana è ancora lontana. Le principali criticità sono rappresentate da tempi di sviluppo prolungati e da costi ancora elevati, che limitano l’accesso su larga scala.
Tempi di sviluppo: la lentezza è strutturale
La realizzazione di una terapia personalizzata prevede una filiera complessa: identificazione dei target molecolari, sviluppo di composti ad hoc, sperimentazione pre-clinica e clinica, approvazione regolatoria. Nonostante l’impiego crescente di tecnologie come l’intelligenza artificiale e il machine learning per accelerare la fase di analisi, il percorso medio per l’approvazione di una terapia personalizzata si attesta ancora tra i 10 e i 15 anni.
Un aspetto critico è la stratificazione dei pazienti nei trial clinici: i sottogruppi molecolari spesso risultano ridotti, rendendo difficile il raggiungimento della significatività statistica e costringendo ad approcci sperimentali alternativi, come gli studi basket o umbrella.
Costi e sostenibilità: il nodo dell’accesso equo
Le terapie personalizzate sono attualmente tra le più costose sul mercato: farmaci come le CAR-T o i farmaci per mutazioni ultra-rare possono superare i 300.000 euro a trattamento. Un modello sanitario universale rischia di non essere in grado di sostenere l’estensione generalizzata di queste cure.
“La sostenibilità economica della medicina personalizzata dipenderà dalla capacità di renderla scalabile e interoperabile con i modelli sanitari pubblici”, spiega il dott. Luca Benedetti, ricercatore del Centro Nazionale Genomica Umana. “Servono investimenti strutturali, ma anche normative chiare su rimborsabilità e criteri di eleggibilità.”
CAR-T attacca cellula cancerogena
La necessità di piattaforme genomiche pubbliche, di banche dati condivise e interoperabili e di laboratori certificati per la diagnostica molecolare rappresenta un altro elemento chiave per ridurre i costi e ampliare l’accesso.
Prospettive: tra ricerca traslazionale e modelli predittivi
I prossimi 10-20 anni saranno determinanti per consolidare l’efficacia e l’accessibilità della medicina di precisione. L’evoluzione delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (NGS), la miniaturizzazione dei dispositivi diagnostici e l’integrazione di dati multi-omici permetteranno di affinare i modelli predittivi e costruire una medicina realmente preventiva.
In parallelo, si stanno sviluppando piattaforme di farmacogenomica clinica e sistemi di supporto decisionale basati su AI, che potrebbero abbattere drasticamente i tempi di diagnosi e la personalizzazione delle terapie.
“Il nostro obiettivo nei prossimi anni sarà creare percorsi terapeutici flessibili ma standardizzati, in grado di adattarsi al paziente e allo stesso tempo sostenibili a livello di sistema”, dichiara la dott.ssa Elisa Romano, biologa computazionale del Genomic Health Institute.
La medicina personalizzata non è più una visione futuristica, ma una realtà in via di consolidamento.
Tuttavia, il suo successo non sarà determinato solo dal progresso scientifico, ma dalla capacità delle istituzioni sanitarie, delle industrie e della ricerca pubblica di collaborare per costruire un ecosistema equo, sostenibile e interoperabile.
Solo così sarà possibile coniugare innovazione biotecnologica e giustizia sociale, garantendo che il diritto alla cura non venga compromesso dal costo della tecnologia.
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