Leucemia linfoblastica acuta: nuove strategie per potenziare la terapia CAR-T

La combinazione con farmaci anti-infiammatori e antiangiogenici potrebbe ridurre le recidive e prolungare la risposta nei pazienti con B-ALL

Nuove prospettive terapeutiche si aprono per la leucemia linfoblastica acuta a cellule B (B-ALL) grazie a uno studio internazionale guidato dai ricercatori della Fondazione Tettamanti di Monza, pubblicato sul Journal for ImmunoTherapy of Cancer. La ricerca suggerisce che integrare la terapia CAR-T anti-CD19 con farmaci inibitori delle vie infiammatorie e con agenti antiangiogenici potrebbe aumentare la durata della risposta clinica e ridurre il rischio di recidiva, uno dei principali limiti delle attuali terapie.

Il ruolo chiave del microambiente tumorale nella risposta alla CAR-T

La terapia CAR-T anti-CD19, che utilizza cellule T geneticamente modificate per riconoscere e distruggere i blasti leucemici, ha rivoluzionato il trattamento della B-ALL. Tuttavia, circa il 40% dei pazienti va incontro a recidiva, spesso per meccanismi di resistenza ancora non del tutto chiariti. Lo studio mette in evidenza come l’efficacia della CAR-T non dipenda esclusivamente dalle cellule ingegnerizzate, ma anche dal microambiente tumorale del midollo osseo, costituito da cellule immunitarie, mediatori infiammatori, vasi sanguigni e condizioni di ossigenazione.

Secondo Chiara F. Magnani, responsabile dello studio e oggi ricercatrice presso l’Università di Zurigo e l’Ospedale Universitario di Zurigo, la durata della risposta alla CAR-T e la sopravvivenza libera da recidiva sono influenzate dal livello di infiammazione e dalla presenza di cellule immunosoppressive nel midollo osseo. Livelli intermedi di infiammazione risultano associati a risposte più durature, mentre un’infiammazione eccessiva aumenta la probabilità di ricaduta.

Infiammazione, ipossia e resistenza alla terapia

Attraverso tecnologie avanzate come il sequenziamento dell’RNA a singola cellula e la citometria a flusso spettrale, i ricercatori hanno analizzato campioni di midollo osseo di pazienti prima e dopo il trattamento con CAR-T anti-CD19 e CARCIK-CD19. I risultati mostrano che la terapia induce una marcata risposta infiammatoria e un rimodellamento del microambiente immunitario, con una significativa espansione delle cellule mieloidi soppressorie (MDSC). Queste cellule ostacolano l’azione delle cellule T, favorendo un ambiente immunosoppressivo che limita l’efficacia antitumorale.

Inoltre, l’ipossia, ovvero la carenza di ossigeno nel midollo osseo, contribuisce alla disfunzione delle cellule T e allo sviluppo di resistenza alla terapia. Tali fenomeni sono stati confermati anche in modelli murini umanizzati, nei quali l’infusione di CAR-T anti-CD19 ha determinato l’accumulo di MDSC, la comparsa di cellule T esauste e un peggioramento delle condizioni di ipossia.

Verso terapie combinate per ridurre le recidive

Come sottolinea Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Tettamanti e dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori, il successo della CAR-T dipende dall’ambiente in cui le cellule agiscono. Intervenire sul microambiente tumorale, modulando l’infiammazione e la formazione anomala dei vasi sanguigni, rappresenta una strategia promettente per rendere la terapia CAR-T più efficace e duratura.

Lo studio, condotto su pazienti pediatrici trattati presso la Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (MBBM) e su pazienti adulti seguiti dall’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è stato finanziato dal Ministero della Salute, AIRC, Cancer Research UK e dalla Spanish Association Against Cancer Scientific Foundation. I risultati rafforzano l’idea che approcci terapeutici combinati, capaci di agire sia sulle cellule tumorali sia sul loro microambiente, possano rappresentare il futuro della cura della leucemia linfoblastica acuta.

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