Gli impressionanti acquedotti di San Gregorio da Sassola

ROMA – A volte non serve andare troppo lontano per trovare luoghi speciali. Non c’è bisogno di partire per raggiungere mete esotiche o terre inesplorate. A volte basta spostarsi un poco da Roma, magari una trentina di chilometri, e arrivare in piccolo paese: San Gregorio da Sassola.

Un posto sconosciuto ai più, ma carico di storia e di fascino, specie per chi ha la sensibilità di cogliere i dettagli, le sfumature di architetture progettate e volute per soddisfare le esigenze della comunità secondo una visione quasi magica della pianificazione urbanistica. Qui infatti Carlo Pio di Savoia ha voluto il suo “borgo nuovo” ispirandosi alla visione della città ideali che erano cinquecenteschi (si pensi alla Tavola di Urbino) e che furono ripresi in età barocca con un respiro estetico maggiore nella funzione e nella concezione.

 

Qui è possibile ammirare la mole imponente del Castello Brancaccio che conserva ancora, della struttura medievale, il ponte levatoio, le finestre crociate al primo piano, i merli di coronamento e una torre. Il Castello, oggi di proprietà del Comune di San Gregorio, ospita magnifiche sale affrescate all’inizio del XVII secolo da pittori di rilievo, tra i quali gli artisti della contro-riforma Taddeo e Federico Zuccari. In particolar modo, è splendido il paesaggio circostante, fatto di montagne e colline che scendono dolcemente a valle, con i loro terreni di un verde intenso coltivati a vite ed olivo.

 

E’ qui, nei pressi di questo paese fondato secoli addietro dagli Equi e circondato dai monti Tiburtini e Prenestini, che i romani decisero di far passare tre possenti acquedotti per l’approvvigionamento idrico della Capitale, rispettivamente Anio Novus (38 d.c.), Anio Vetus (270 a.c.) e Aqua Marci (144 a.c.). Strutture impressionanti che hanno resistito, nel corso dei secoli, allo scorrere del tempo, anche grazie all’uso e riuso degli abitanti, fino a diventare ponti attraversabili dai quali è possibile godere ora di un panorama mozzafiato di tutta la valle. Il sentiero che li raggiunge non è agevole e, a tratti, si passa attraverso una fitta boscaglia, ma la sensazione di tuffo indietro nel passato è unica e merita da sola il viaggio.

 

Si comprende la maestria degli antichi nel progettare e realizzare strutture capaci di sfruttare le pendenze del territorio e degli avvallamenti naturali per mantenere inalterato e costante il flusso dell’acqua. La perizia ingegneristica si unisce alla sensibilità dei costruttori che hanno saputo elevare opere di utilità pubblica, integrandosi con l’ambiente circostante e garantendone una solidità strutturale da fare invidia ai nostri moderni edifici. Una perizia, quella dei romani, nell’arte del costruire infrastrutture capaci di resistere nei secoli talmente evidente che Dionigi di Alicarnasso poteva scrivere: “Mi sembra che la grandezza dell’impero romano si riveli mirabilmente in tre cose, gli acquedotti, le strade, le fognature”. E successivamente Plinio il Vecchio aggiunse: “Chi vorrà considerare con attenzione … la distanza da cui l’acqua viene, i condotti che sono stati costruiti, i monti che sono stati perforati, le valli che sono state superate, dovrà riconoscere che nulla in tutto il mondo è mai esistito di più meraviglioso”.

 

Sarebbe importante salvaguardare questo patrimonio unico creando un parco degli acquedotti a San Gregorio da Sassola. In tal modo, si impedirebbe l’incuria in cui versano gli acquedotti, assicurando spazi attrezzati, passaggi custoditi ed una maggiore manutenzione dell’area che andrebbe valorizzata e tutelata a vantaggio di tutta la comunità e del turismo in genere. Una risorsa per tutti che si spera le autorità locali sappiano cogliere e difendere da atti vandalici e dal disinteresse generale.

 

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