Il critico furioso contro il “manifesto” di 128 esperti che attacca la mostra. «Benati è invidioso. L’ho querelato»
ROMA – «È l’ora di finirla con gli appelli degli sfigati che parlano di quello che non sanno». Così Vittorio Sgarbi inizia la replica alla violenta protesta contro la sua mostra, Da Cimabue a Morandi, che aprirà a Palazzo Fava di Bologna il 14 febbraio 2015: 128 nomi della storia dell’arte sia italiana sia internazionale hanno firmato un documento che chiede al ministero dei Beni culturali di impedire i prestiti delle opere, domandando sostegno anche ai musei civici e alle istituzioni pubbliche per fermare la mostra che secondo Daniele Benati è «priva di alcun disegno storico e della benché minima motivazione scientifica, un insulto alle opere, trattate come soprammobili, all’intelligenza del pubblico; alla memoria di Roberto Longhi e di Francesco Arcangeli — e naturalmente un attacco ai musei, con la colpevole connivenza di chi li dirige».
“ArteMagazine” ha dato la parola a Vittorio Sgarbi, che risponde alle accuse e racconta la mostra. L’intervista è di Fulvia Palacino.
Perché gli storici dell’arte protestano?
«Che si protesti perché io sposto di duecento metri, dalla Pinacoteca a Palazzo Fava, la Santa Cecilia di Raffaello, oltretutto con le sale della Pinacoteca in restauro (restauro che impone di spostare in ogni caso questo capolavoro) è ridicolo. L’argomento non esiste. È pretestuoso e deriva dal fatto che Daniele Benati ha perso la testa perché l’operazione è stata affidata a me, quando avrebbe voluto farla lui. Non sa neanche com’è il progetto, visto che non è stato ancora reso noto. L’argomento non esiste. Senza contare che Cimabue era già stato portato nel 2000 alla mostra sul Duecento per la candidatura di Bologna a Capitale europea della Cultura; e con Cimabue, il Trittico di Giotto, che peraltro io non porto, dalla Pinacoteca nazionale è stato portato al Museo Medievale, e nessuno ha protestato. L’estasi di Santa Cecilia di Raffaello, che è l’opera su cui nella loro lettera si fa più polemica, nel 2012 è stato portato a Madrid e al Louvre».
Benati ha scritto che «la mostra è priva di alcun disegno storico e della benché minima motivazione scientifica». Cosa risponde?
«Dice così perché io ho scritto più di lui e opere più importanti sull’arte bolognese, e infatti l’ho querelato per diffamazione. Non ha visto il progetto, non lo conosce. Oltretutto in questa mostra compare un’opera formidabile, che è un Niccolò dell’Arca, il San Domenico, mai visto a Bologna: lui non ha mai fatto una scoperta così, e siccome è un personaggio, che, pur insegnando all’Università, ha rapporti forti con i mercanti d’arte e lavora per loro, ha favorito l’esportazione all’estero di opere d’arte, tra cui un dipinto di Annibale Carracci che io mostrerò in televisione. È una Madonna con il Bambino venduta al Dorotheum di Vienna. Benati lavora per il mercato ma fa il moralista, una delle più brutte categorie dell’Universo. Insomma, per ciò che ha scritto l’ho querelato. Non può dire che il progetto scientifico non c’è perché non è lui a farlo. Non soltanto non lo ha visto, ma presume di sapere già quali quadri saranno esposti. La certezza della scientificità del progetto sta anche nel solo fatto che i quadri siano buoni. È una forma di invidia mascherata, attraverso cui Benati tira fuori delle cose che piacciono molto a Tomaso Montanari, del genere “non si spostano le opere dai musei”. Ma quando fai una mostra le opere le sposti, e io le sto spostando da musei in cui non va nessuno. La Ragazza con l’orecchino di perla di Marco Goldin ebbe 360 mila visitatori, la Pinacoteca ne aveva diecimila. Se spostando un’opera posso avere quei visitatori non riesco a capire quale sia la ragione di protesta, non ha logica, è un’insensatezza».
Parliamo della mostra.
«Oltre ad alcune opere famose, il progetto è ricco di opere sconosciute provenienti da chiese e da collezioni. È una mostra formidabile per Bologna. Ci sono i dipinti, da Cimabue a Morandi, quelli più belli realizzati a Bologna da pittori bolognesi e da pittori non bolognesi che però hanno lasciato traccia in città. Ci sono: Cimabue; un dipinto di Giotto sconosciuto; Vitale da Bologna, che è il più importante pittore del Trecento bolognese; Jacopino di Francesco, che è il secondo grande pittore. Poi i capolavori dei maestri del Quattrocento, Antonio da Crevalcore, che ho riscoperto io con un mio libro, di cui in mostra c’è un’opera sconosciuta; Ercole de’ Roberti,con i dipinti della Fondazione Cini; Marco Zoppo, con la meravigliosa Croce del Museo di San Giuseppe che non conosce nessuno. Facciamo vedere quello che c’è nei musei bolognesi portando fuori opere che non sono mai state viste e poco visitate. Poi, nella parete di entrata più importante si vedono i due San DomenicodiNiccolò dell’Arca, uno dei quali completamente sconosciuto e che io ho riscoperto. Nella seconda sala ci sono Lorenzo Costa e Francesco Francia, i pittori bolognesi della fine del Quattrocento. E nella terza sala c’è il capolavoro di Raffaello con tutti i raffaelleschi: Girolamo da Carpi; Amico Aspertini, che viene dalla Galleria Spada; il Parmigianino con il San Rocco che, conservato nella basilica di San Petronio, è conosciuto da pochissimi; un dipinto di Prospero Fontana e uno di sua figlia Lavinia, mai visto, in collezione privata; i capolavori di Annibale Carraccidagli Uffizi; il Mastelletta. Insomma, una mostra meravigliosa, solo di capolavori. Non si capisce di cosa parlino i firmatari. Benati è roso dall’invidia perché non l’ha fatta lui. E ha abusato di Italia Nostra chiamandola a garantire la sua rabbia e quella di questi malcapitati. La peggiore di loro è Anna Ottani Cavina, che è anche stata la mia correlatrice di Laurea, che prima mi ha detto “finalmente mi farai vedere Cima da Conegliano”, e poi firma contro di me».
Ha sentito in particolare qualcuno dei firmatari?
«Sì. Ad Ottani Cavina ho detto che è stata imprudente e faziosa come sempre, che ha firmato abbagliata dai nomi internazionali, e che questa volta ha fatto un servizio al solo Benati, dimenticando il suo commercio di opere d’arte all’estero, come appunto l’Annibale apparso al Dorotheum ad ottobre 2013, uscito da Bologna. Per non dire di Keith Christiansen che comprò la Negazione di Pietro di Caravaggio esportata abusivamente. Le ho detto che di fronte a tutto questo loro sono stati zitti. E zitti anche quando Cimabue andò alla mostra sul Duecento e Giotto al Museo Medievale. Ottavi Cavina deve vergognarsi di stare dalla parte dell’esportatore abusivo di opere d’arte Benati. La mia è una denuncia penale ai carabinieri per l’esportazione abusiva di opere d’arte bolognesi di cui sicuramente, se Benati non è complice, è quantomeno consapevole, e non ha fatto niente per denunciarla».
Qualcun altro?
«Ho sentito anche Montanari. Gli ho detto che quando firma i manifesti di mercanti come Benati, complice di esportazioni abusive, almeno dovrebbe leggerli, e che ci vedremo anche con lui in tribunale. Mi ha risposto che a suo giudizio è una brutta mostra e che è l’ora di finirla. Mi ha anche detto che non firma gli appelli per come sono frequentati, ma per ciò che dicono. Concludendo, mi ha invitato a non prendermela. Gli ho detto che me la prendo moltissimo per le offese a me, che ho scelto quadri che non ha mai visto, che presento il capolavoro di Niccolò dell’Arca in una città in cui tutti sono andati a vedere la Ragazza con l’orecchino di perla e non hanno mai visto Cimabue. E che me la prendo con lui che firma senza conoscere il progetto, che sarà realizzato in una città in cui la Pinacoteca è disertata. E che Raffaello, come è stato rapito da San Giovanni in Monte, come richiamo per innumerevoli quadri sconosciuti può benissimo essere visto a Palazzo Fava. È l’ora di finirla con gli appelli degli sfigati che parlano di quello che non sanno».
Portavoce della protesta è Italia Nostra. Ci ha parlato?
«Non è così. L’ulteriore elemento è che loro parlano a nome di Italia Nostra la quale però ha scritto un comunicato che li smentisce. Italia Nostra infatti non ha nessun membro di Bologna. È un’altra cosa che loro chiamano Italia Nostra, che fa una protesta contro di me per il rosicare di Benati che ha raccolto le firme nella lobby universitaria, la quale evidentemente non ha nulla da fare. E Oreste Rutigliano, consigliere nazionale e membro della giunta nazionale Italia Nostra, ha preso posizione in mio favore, scrivendo che “Italia Nostra nazionale è impegnata in una strenua battaglia per la difesa del paesaggio italiano. Il pericolo più grande in specie per le aree più interne e conservate è oggi costituito dall’impianto delle grandi centrali eoliche. In questa difficile battaglia Italia Nostra è riconoscente a Vittorio Sgarbi per essersi fatto più volte portavoce delle nostre istanze portando all’attenzione di tutti gli italiani in mille trasmissioni questa nuova piaga del paesaggio italiano. Il legame ideale con Vittorio Sgarbi è peraltro antico e riguarda tante altre azioni in difesa del patrimonio storico e artistico in particolare a Roma dove è socio onorario della locale sezione”».