ROMA – Nella sua breve vita Anton Cechov visitò l’Italia ben tre volte. Per il celebre drammaturgo e scrittore russo il nostro Paese era semplicemente il “Paese delle meraviglie”.
Avrebbe voluto tornarci una quarta volta, passando per l’Italia prima di tornare in patria, ma la morte lo colse in Germania a soli 44 anni per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute minate dalla tubercolosi. Il suo mito non ha mai abbandonato l’Italia nel corso del XX secolo e oggi la Casa dei Teatri di Villa Doria Pamphilj a Roma gli rende omaggio con la mostra “Anton Cechov in scena”, una collezione di fotografie, locandine, oggetti di scena e bozzetti di scenografie e costumi a testimonianza degli innumerevoli allestimenti delle sue opere nei teatri russi.
I materiali della mostra – aperta al pubblico dal 25 novembre al 27 gennaio – provengono dal Museo Statale del Teatro A.A. Bakhrushin di Mosca. Le cinque opere al centro del percorso espositivo sono le celebri Ivanov, Zio Vanja, Il giardino dei ciliegi, Il gabbiano e le Tre sorelle, evocate ognuna sulle corde del simbolismo: un tavolino da tè per un ospite mai arrivato per Ivanov o i sacchi di ciliege e marmellate per Il giardino dei ciliegi, ad esempio. Le camere che compongono la mostra sono state allestite come gli interni delle case della piccola e media borghesia russa di provincia del secolo scorso, proprio come la casa delle tre sorelle Masa, Olga e Irina che smaniano per ritornare dalla campagna a Mosca, tra i luoghi della loro infanzia. Sul pavimento un manto di foglie secche, in spazi vuoti popolati solo da ombre e ricordi.
All’inaugurazione della mostra, il direttore del Museo Statale del Teatro A.A. Bakhrushin ha ricordato la “modernità della drammaturgia cechoviana e la sua impronta su tutto il teatro contemporaneo”. E gli spazi della mostra rappresentano proprio le caratteristiche principali degli spettacoli cechoviani, con le scenografie essenziali che lasciano il passo ai drammi esistenziali e all’analisi psicologica dei suoi protagonisti. All’interno della mostra la figura di Anton Cechov emerge tanto con il richiamo delle sue cinque opere teatrali maggiori quanto con quello alla sua persona. E un calice di champagne, tra una foresta di betulle, ci ricorda gli ultimi momenti di vita dell’autore, morto la notte del 2 luglio del 1904 dopo aver sorseggiato proprio una coppa del vino francese.
Largo 3 giugno 1849 angolo via di San Pancrazio – ingresso Arco dei Quattro Venti
dal 25 novembre 2012 al 27 gennaio 2013