Taormina film fest. Monica Guerritore, l’arte come forza evolutiva dell’uomo

TAORMINA (nostro inviato) E’ emozionante assistere alle suggestioni che ci trasmette un’attrice straordinaria come Monica Guerritore, raccontando le sue esperienze professionali e umane: vive, pregnanti, significative nel contesto del sessantaquattresimo Taormina Film Festival.   Accompagnata con grande complicità dalla padrona di casa Silvia Bizio.

L’attrice romana ci ha detto che il suo percorso artistico è cominciato quasi per caso. Anzi “un angelo custode”, ha sostenuto, “mi ha guidata da Roma nel cortile del Piccolo Teatro ad accompagnare una mia amica a un provino per una produzione di Giorgio Strehler, mentre ero diretta a Saint Moritz”. In quel periodo fare spettacolo voleva dire fare teatro o cinema. Il teatro era zeppo di aspiranti attrici e, con un furbo espediente, fingendo di stare male, la Guerritore riuscì a entrare insieme all’amica direttamente nei pressi del palco, dove riuscì a salire. Strehler le chiese che brano volesse eseguire e lei, con estrema naturalezza sostenne di essere solo di passaggio, con i suoi capelli corti, l’impermeabile e la valigia per andare a sciare. Il grande Giorgio si seccò, mandandola via in malo modo. Ma i provini erano stati ripresi e quella quindicenne che somigliava a Ingrid Bergman, piacque.  Nel rivederla sullo schermo, il regista del piccolo teatro scrisse al Corriere della sera per ritrovarla, giacché non ne conosceva il nome. Finalmente avvenne l’incontro e da lì la meravigliosa carriera della Guerritore. 

Carriera poliedrica, con un amore profondo per il teatro, il quale per l’intensa Monica è una casa, dove ha irrobustito la voce, “resa più forte dalla convinzione in quello che si dice”, sottraendosi dall’auto-censura dettata dalla poca convinzione di quello che s’interpreta. Fare Ofelia in “Amleto”, proprio al Teatro Antico di Taormina, ha confermato ed esaltato quel percorso di costruzione che l’attrice ha fatto forgiando i suoi muscoli, modulando le interpretazioni, affinando i punti di vista, in un mestiere fatto di tempi lunghi anche decenni. Tempi che confliggono con quelli di un tweet o con i 140 caratteri di alcuni messaggini social.

Il teatro per la Guerritore è per sempre. Il cinema e la televisione, sono state per lei “ scappatelle”. Di successo come “Amanti e Segreti” o “Exodus” in tv. Lo stesso cinema con “Un giorno perfetto” e “La Lupa” hanno avuto questa valenza. “La Lupa” fu sceneggiata da Gabriele Lavia per Sofia Loren, che rifiutò di interpretare il ruolo di madre cattiva, poi assunto da Monica Guerritore.

L’attrice romana ha chiarito come vi siano dei “turning point” che permettono di raccogliere le qualità dei vari personaggi per trasmetterle, trasformandole con la giusta sensibilità in aspetti di nuovi personaggi, esaltando un mondo femminile che si costruisce nel tempo. Tra i turning point più importanti sicuramente, dopo “Il giardino dei ciliegi” e “Zio Vania” Il teatro danza, Masnadieri, Pina Bausch e la trilogia “Madame Bovary”, “Carmen”, “La signora delle Camelie”. Fondamentale, anche con Lavia, la scoperta della componente fisica e di quella virile nei personaggi femminili per poi, dopo trent’anni, diventare anche drammaturga.  Il mondo maschile, secondo la bravissima interprete, non è ancora pronto ad accettare una donna che faccia un film di rilievo commerciale e artistico, interamente da sola: per superare questa errata visione bisogna porre l’accento sul prodotto stesso e non su chi lo produce. Dare libera voce alla magia che quella creazione emana. La stessa magia che si avverte in un teatro evocativo, come Il Teatro Antico di Taormina, che è un luogo esperienziale, ha evidenziato la Guerritore. 

L’attrice ha presentato il suo nuovo progetto incentrato sulla contessa Giulia Trigona dama di corte della regina, uccisa nel 1911 dall’amante, il tenente di cavalleria barone Vincenzo Paternò. Il processo che ne seguì, come rilevato da Camilleri, che introduce la prima parte della pellicola girata dalla Guerritore (sovvenzionata dallo stato e per ora destinata a festival di mediometraggi e scuole), non riuscì mai a dare voce alla ricerca d’indipendenza della donna travolta da quel senso verghiano della “roba” e dei soldi, proprio dell’ambiente che la circondava composto dal marito e dall’amante. E’ una storia con al centro la voglia femminile di ribellione che si scontra con un mondo al maschile retrivo e che portò la donna a consegnarsi al suo assassino. Scoprire il perché di tutto questo è il motivo che ha spinto la Guerritore a coinvolgersi nella storia. Il tema del femminicidio è centrale e si comprende come per superare tutto ciò occorra considerare – ha aggiunto l’icona teatrale – la donna come alleata e mondo misterioso senza, da parte dell’uomo, volontà di predominio . Per cambiare la percezione ci si può avvalere dell’arte: i romanzi, il cinema, il teatro, volendo anche la televisione, se usata bene. Ha detto l’attrice: “ Il tempo dell’osservazione per un’opera pittorica e per la formazione e il seguire un’opera teatrale, o un romanzo, aiutano a spostare la concezione che il maschile ha del femminile. Solo che spesso la brevità della vita attuale accorcia i confini del pensiero anziché allargarli” .

E quando l’attrice recita, ha asserito, non si chiede come ha recitato ma se si è messo per bene il proprio corpo fisico, il proprio movimento e sensibilità interpretative per il pubblico, per aiutare il processo di osservazione interna e di scoperta della propria “camera oscura”.  La stessa Guerritore ha aggiunto che c’è un bisogno di storie lunghe (come per i seriali in tv), di qualità per potersi identificare in personaggi che si evolvono. E possibilmente per trovare esempi positivi a cu ispirarsi. In questo può aiutare la scuola (come le antiche scuole greche con i loro formatori) in un processo di assunzione di responsabilità delle proprie azioni, che la famiglia non sempre riesce a svolgere.  La Guerritore ha sottolineato come fare una pièce teatrale voglia dire saperla adattare nella giusta maniera. Come per “Mariti e Mogli” di W. Allen, che l’attrice ha sapientemente contestualizzato nell’ambiente italiano, dopo un procedimento che ha visto lo stesso Allen, comprendere l’intento positivo del parziale rimaneggiamento della sua sceneggiatura, legato alla sensibilità di una donna e artista di valore.

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