Un trionfo al “Silvano Toti Globe Theatre” per la “La bisbetica domata” diretta da Loredana Scaramella, che con ironia e umorismo porta in scena una tra le commedie più divertenti e controverse di William Shakespeare. Un tema caldo quella della lotta tra i sessi, che dal 1594, anno di composizione della stessa, ancora divide gli animi e i popoli del mondo.
Non è affidata al caso la scelta della regista di ambientare la commedia proprio negli anni ’30: la “belle epoque” in cui fioriva l’avanspettacolo e tra le artiste vigeva una maggiore libertà e spregiudicatezza, con donne che per gioco vestivano panni da uomini, sia sul palcoscenico che nel privato. Il personaggio principale della commedia – interpretato da un’eccelsa Carlotta Proietti – è una donna forte e indipendente, una femminista “ante litteram”: la cantante della compagnia attoriale che recita il ruolo di Caterina da Padova, la figlia maggiore del mercante Battista, dalla mente acuta e l’eloquio pungente.
Un impianto introduttivo di metateatro, che conduce gradualmente lo spettatore a immergersi nella temperie storico-politica del XV secolo. L’espediente narrativo trae spunto dalla buffa storia di Sly: un ambulante ubriaco caduto in un sonno profondo sul pavimento di una locanda, rinvenuto da un potente che tornava dalla caccia. Ed è per farsi beffe del suo stato, che il signore – un capoguardia fascista – incaricherà una compagnia incontrata in loco, di mettere in scena una commedia che “parlasse di amore” per “allietare” il suo nuovo ospite al risveglio. Ospite trasferito nel suo letto, tra servitù e lussi, in una messa in scena architettata per fargli credere di essere nobile e aver dormito per 15 anni consecutivi a causa di un morbo raro. Ed è già in questo primo casuale incontro che si consumerà un gioco di sguardi che accenderà la scintilla tra il comandante – che non a caso si auto-assegnerà la parte del protagonista Petruccio – e la cantante, nei panni dell’indomita Caterina.
Il risultato è una pièce brillante, che riecheggia il teatro di rivista per i balli e le musiche eseguite live – eccelso il contributo artistico del quartetto William Kemp – e la commedia plautina, con lo scambio di ruoli tra il servo scaltro e il suo padrone Lucenzio, per aiutarlo a conquistare il cuore della sua amata Bianca, fingendosi un precettore di musica e poter sviare la concorrenza.
L’intreccio proseguirà fedelmente all’originale shakespeariano, mostrando l’apparente contrapposizione fisica e spirituale tra le due figlie del ricco Battista: Bianca, l’angelica e aggraziata figlia minore, agognata dai più e Caterina, lunatica e mascolina, temuta dal sesso forte. E sarà allora che il padre Battista, preoccupato dal destino della maggiore, impedirà a Bianca di sposarsi fin tanto che Caterina non troverà un pretendente degno e risoluto a farla sua. E saranno i corteggiatori della più giovane – il facoltoso Gremio e il più giovane Ortensio – ad allearsi per convincere qualcuno e poter presto tornare a rivedere Bianca. E sarà quest’ultimo a spuntarla, convincendo un suo amico, il gentiluomo veronese Petruccio a corteggiare Caterina “la diavola”, invogliandolo con la dote sostanziosa e il gusto della sfida.
E sarà proprio Petruccio, ancor più testardo e risoluto ad averla vinta sulla bisbetica, inducendola a nozze e instillando in lei un sentimento d’amore, a forza di gentili torture – quali la mancanza di cibo e di sonno – con la scusa che nulla, né il cibo né il giaciglio, fosse alla sua altezza, ripagando la donna con la sua stessa moneta. Che sia un reale mutamento d’animo o soltanto il desiderio di cibo e sonno a prevalere, non è dato saperlo. Ciò che salta, invece, subito all’occhio è il pathos con cui Carlotta Proietti dà vita a questo monologo, carico di sentimento e in posa maieutica, come una moderna Venere in stile rococò, difendendo la sottomissione della donna al suo signore, ormai più emancipate e autonome una volta sposate. E pian piano, le parole si confondono con la melodia e Caterina cede il passo alla cantante tra note blues e sguardi seduttivi con Petruccio, ritornato nei panni di caposettore delle guardie fascista, lasciando aperte le porte ai sentimenti, in una grande festa collettiva, che suggelli l’armistizio tra i sessi. E per dirla con Shakespeare: “È stata lunga, ma finalmente le nostre note discordanti entrano in armonia…”.
Un finale a libera interpretazione, per uno spettacolo che garantisce quasi 180 minuti di spasso, tra musica dal vivo e siparietti comici nell’intervallo, per allietare lo spettatore e mantenerlo sempre “dentro il teatro” per un effetto fiabesco, che solo il Globe Theatre riesce ad assicurare e qui viene esaltato.
Fino al 4 agosto al Silvano Toti Globe Theatre ( esclusi i lunedì)
Interpreti
Giulio Benvenuti, Giulio Cavallini, Federigo Ceci, Tiziano Edini, Gianni Ferreri, Gabro Gentilini, Paolo Giangrasso, Lorenzo Grilli, Roberto Mantovani, Ivan Olivieri, Loredana Piedimonte, Carlotta Proietti, Sara Putignano, Mauro Santopietro, Antonio Sapio, Federico Tolardo.
Musiche arrangiate ed eseguite dal vivo dal quartetto William Kemp.