Roma film fest 18.  Un ritratto di Giuliano Montaldo

Agli habitué della Festa del cinema di Roma, quest’anno, farà una certa impressione non vedere gironzolare per le sale dell’Auditorium la figura massiccia di Giuliano Montaldo al braccio della moglie, con l’immancabile, lunga sciarpa bianca al collo, sempre prodigo di sorrisi con quanti incontrava alle proiezioni.

       E’ passato poco più di un mese da quando uno dei più importanti registi del nostro tempo si è spento novantenne, il 6 settembre scorso, dopo una vita artistica fra le più ricche e invidiabili. E la Festa del cinema gli ha dedicato un doveroso ricordo.

Giuliano Montaldo entrò nel mondo dello spettacolo come giovane attore, dotato di indubbio fascino.  Ma presto il cinema, nel quale era si era introdotto da una porta sbagliata, gli offrì altre chances: quella di sceneggiatore prima e di regista poi. 

          L’occasione fu anche un fatto privato. Negli anni in cui le dive si univano ai produttori, lui ebbe occasione di sposare la figlia di un produttore cinematografico che andava per la maggiore: Vera Pescarolo, figlia di Leo, che gli è rimasta accanto per tutta la vita, accompagnandolo anche nel lavoro come costumista dei film che dirigeva. 

        Lo inseguì perfino in Cina, quando andò a girare per la Rai l’imponente produzione dedicata alla figura di Marco Polo. I maligni obiettarono: “Lo vedi il furbacchione: si è sposato la figlia del produttore, cosi si è assicurato la carriera”. 

Non certo per il suocero, ma per il talento che non gli mancava, di film Montaldo ne ha realizzati molti e tutti importanti. A cominciare da Sacco e Vanzetti, sui due anarchici italiani giustiziati negli Stati Uniti e riabilitati, trent’anni dopo, non è azzardato dire anche grazie all’emozione che il suo film suscitò nell’opinione pubblica americana. 

        Non sono poche le opere importanti di cui Montaldo è stato autore e di vario genere, ma tutte di grande interesse: da Tiro al piccione del 1961, a L’Agnese va a morire del 1976, da Gli occhiali d’oro del 1987, a Tempo di uccidere del 1989, fino al recente L’industriale, una storia familiare di forte spessore.  

All’anniversario di matrimonio di due anni fa, gli amici cinematografari della celebre coppia vollero festeggiare il giorno di San Valentino con uno speciale televisivo che ripercorse per immagini una doppia strepitosa carriera, con il garbato contrappunto dei due vecchi coniugi che sprofondati sui divani di una romana casa-museo, davanti all’obiettivo non si risparmiavano battute finto-velenose. 

Nello speciale ricordava Giuliano: “Un giorno mi offrirono di girare un western italiano…e Vera: ‘Se lo fai ti lascio’!” E un western non figura nella ricca filmografia del Maestro.

Vera: “Quando giri sei un artista, ti guardo e mi commuovo”

Lui: “Non è vero, non ti ho mai visto piangere”.

Lei: “Qualche volta è successo…”

Alla prima di Cronache di poveri amanti, di cui lui era attore protagonista accanto a Antonella Lualdi, quando in sala si accesero le luci, lei seduta in prima fila abbaiò: “Bù-bù!” alludendo al giovane attore (23 anni!), secondo lei un “cane”. Non stavano ancora insieme e Giuliano non se la prese, ma per il resto della vita se l’è tenuta accanto anche come aiuto-regista in decine di film, in ogni angolo di mondo.

Un giorno a Pechino Montaldo fu colpito dalla considerazione che i cinesi mostravano di avere ancora per Marco Polo. Al ritorno a Roma ne parlò con un alto dirigente della Rai e nacque il progetto di Marco Polo, una serie televisiva di grande successo. Vera naturalmente vi collaborò intensamente, passando in Mongolia tutto il tempo necessario alle riprese. 

Racconta Giuliano: “Un giorno serviva un numero impressionante di comparse, in costume, uomini donne e anche bambini. Non so come, ma Vera riuscì a radunarne a centinaia, non avrebbe fatto meglio un capo-troupe di Cinecittà. Senza parlare la lingua né pronunciare una parola, era diventata amica di tutti, e quando le riprese furono finite, molti vennero a salutarla come i loro antenati avevano fatto con il vero Marco Polo”. Nel ricordo Montaldo si emoziona ancora una volta. E lei ne approfitta per dire:

“Torniamo in Mongolia?”

“Vuoi andare in Mongolia?”

“Si, mi piacerebbe molto”

E lui: “E allora quest’estate andiamo in Mongolia! Facciamo sempre tutto quello che vuoi tu”.

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