Cinque film italiani in concorso su ventuno non sono pochi. E solo il Leone d’argento ha ruggito per noi, con Vermiglio, ambientato nella Val di Sole, in Trentino negli ultimi anni della seconda guerra mondiale.
Ma per premiare l‘outsider Maura Delpero alla sua seconda prova di regista si può dire che la Mostra di Venezia abbia fatto un’eccezione. I giurati hanno preferito agli altri italiani il Trentino post bellico di Vermiglio di Maura Delpero dove non si sente uno sparo, ma c’è una delicata seppure tragica storia d’amore fra giovani innocenti.
I nostri registi scelti per il concorso hanno avuto una visione diversa, in verità difficile da comprendere: la vita e le opere di Riccardo Schicchi, l’inventore della porno diva come stereotipo di una società decadente, con Diva futura di Giulia Steigerwalt.
La cruente giornata al tavolo operatorio dei medici militari dell’ospedale da campo nella prima guerra mondiale con Campo di battaglia del pur collaudato Gianni Amelio.
Con l’excursus sulla mafia con Iddu, l’ultimo padrino di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, attraverso il ritratto del boss Matteo Mesina Denaro, reso famoso da centinaia di telegiornali che ne hanno parlato per mesi dopo la sua inopinata cattura. Ancora un ritratto sgradevole con Queer di Luca Guadagnino.
Sembra evidente che gli autori rimasti a mani vuote abbiano scelto di rifugiarsi nel genere bellico più che datato e nell’imprevedibile ritratto di personaggi della cronaca.
Ha vinto il premio più importante The room Next door di Pedro Almodovar, una riflessione sulla morte, sull’eutanasia ma soprattutto sulla vita: quella che ti scappa di mano. Opera magistrale del maestro spagnolo che al Lido porta a casa il secondo Leone d’oro dopo quello alla carriera nel 2019. Vince quello d’argento The Brutalist di Brady Corbet, con un bravissimo Adrien Brody nei panni ancora una volta di un artista scampato ai lager.
Cinema d’impegno civile quello di Almodovar, speriamo che il pubblico condivida il riconoscimento e riempia le platee del suo La stanza accanto. Dopo l’oscar del 1999 ad Almodovar per “Tutto su mia madre” quale miglior film straniero e miglior sceneggiatura, oggi il leone d’oro a Venezia è un grande analogo trionfo.
Pochi al lido i politici, trattenuti dal repentino cambio della guardia al vertice del ministero della cultura: quando il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco ha ringraziato nel discorso finale il ministro in sala, più d’uno fra i presenti si sarà chiesto: quale dei due? Il vecchio o il nuovo? Una situazione al limite del paradosso che piace ai cineasti, chissà che non finisca in un film.