Riccardo Alberto Mangiacapra, reduce dalla vittoria del premio letterario “Di pari passo” incentrato su tematiche sociali, ritorna al romanzo con “La tela di Archimede” edito da “Spirito libero” dopo l’ esordio favorevole del suo primo romanzo – “La linea gialla” – che ha svettato nelle classifiche Amazon.
In questo nuovo progetto editoriale, l’autore, un 66enne vissuto nella provincia romana, si discosta dalle sue radici e si proietta in un nuovo mondo, alternando l’uso del dialetto siciliano all’italiano e raccontando la vita cosmopolita di Archimede: un giovane uomo, che emigra a Milano e poi a Londra, per dimenticare un’adolescenza di abusi e affrancarsi dal passato attraverso una nuova vita di successi costruita grazie alle sue grandi doti matematiche.

Di grande spessore è la capacità di Mangiacapra di cogliere i vari aspetti dell’“amore tossico”, qui declinato in varie forme, tutte foriere di dolore e morte.
“La tela di Archimede”, qual è il significato di questo titolo?
Archimede è il protagonista di questo romanzo, un uomo sui 40, con alle spalle una vita difficile e cresciuto in una famiglia problematica. Nato in un paesino della Sicilia da una relazione prematrimoniale e clandestina, Archimede è osteggiato e poi bullizzato, prima dal padre e poi dal fratellastro e come l’omonimo scienziato troverà negli studi informatici e nella matematica il suo riscatto e solo allora inizierà a tessere la sua tela di vendetta.
C’è un autore in particolare al quale si è ispirato?
Sì, ad Andrea Camilleri. “La tela di Archimede” contiene molte frasi in siciliano, ma che sono comprensibili anche a chi non è nativo di quelle terre e ricorda, per certi versi, il Camilleri degli inizi: quello che raccontava la sua terra anche solo in dialetto. Mi riferisco, in particolare, ai libri scritti interamente in dialetto, come “Il casellante” edito da Sellerio nel 2008, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale e che rappresenta uno spaccato della Sicilia di quegli anni.
Attraverso una storia, l’autore racconta, quelle che sono le contraddizioni di quella terra, sempre in bilico tra bellezza e dolore. Anch’io ho cercato di riprodurre con il mio romanzo, la stessa ambientazione in un’epoca più attuale.
A quale pubblico è rivolto questo romanzo?
A chiunque è vissuto in un ambiente familiare complicato e per certi versi, “tossico”, a chi è stato bullizzato a scuola, a chi si è sempre sentito fuori dal coro e naturalmente anche a chi ama la Sicilia, Milano e Londra – le città dov’è ambientato il romanzo – con i loro usi e costumi caratteristici, anche in tema di food. Inoltre lo consiglio a tutti i curiosi, che vorrebbero saltare all’ultima pagina per sapere come va a finire.
Ha già in cantiere progetti editoriali futuri?
Tornerò ad ambientare le mie storie a Roma ma parlando, anche, dei fatti drammatici che hanno sconvolto la storia recente del nostro Paese. Si tratterà sempre di un romanzo ma partirò da un antefatto drammatico accaduto negli anni ’80, per poi tirare le fila della storia, incentrandola sulle vicende di un gruppo di giovani. Ritorneremo alle atmosfere noir e di denuncia sociale come in “La linea gialla”.
Con quale personaggio si identifica maggiormente e perché?
Mentre in “La linea gialla” era più facile che, per certi versi, in tutti i personaggi ci fosse un po’ di me, in questo romanzo mi riesce difficile identificarmi. La storia è di pura fantasia e non contiene riferimenti autobiografici: ciò che desideravo è di poter raccontare i disagi che si possono subire in famiglia e che spesso sfociano in atti di violenza dalle estreme conseguenze. Vere e proprie storie di amore tossico familiare.
Come si definirebbe in un aggettivo?
Da quando ho iniziato a scrivere racconti e romanzi, mi sono sempre definito uno “scritto-poeta”, dato che la poesia non è solo il mio primo amore, ma è quasi uno stile di vita. Cerco, infatti, di mettere la poesia nel mio mondo e sempre nei miei libri, troverete una mia poesia. Come dice Robin Williams nell’Attimo fuggente: “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino; noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana e la razza umana è piena di passione”.