ROMA – La sapete l’ultima? Gli spaghetti alla carbonata li hanno inventati gli americani nel 1945. Da non crederci, eppure così afferma con sicurezza Paolo Valentino in un lungo articolo sul Corriere della Sera del 29 agosto scorso dedicato al popolare piatto romano.
E’ una delle tante bufale (per rimanere in argomento) che d’estate riempiono i giornali, anche i più autorevoli, come il quotidiano milanese di via Solferino. Secondo il quale, dunque, sono stati i soldati americani in libera uscita nei mesi immediatamente successivi alla liberazione a dettare agli osti romani di cui erano affezionati clienti un piatto di loro invenzione.
Nella Roma del primo dopoguerra non c’era molto da mangiare e anche le trattorie faticavano a mettere in tavola piatti appetitosi per la pur esigua clientela. Secondo la leggenda, alcuni militari in divisa yankee avrebbero proposto all’oste di cui erano abitués una variante ai soliti spaghetti aglio e olio: nelle loro razioni di guerra , oltre a latte in polvere, cioccolata, chewing gum e sigarette, c’erano la pancetta affumicata e le uova liofilizzate. La proposta fu :”spaghetti, eggs e bacon” , l’oste eseguì al volo ed ecco inventata quella che ancora oggi si chiama “carbonara”. Almeno così sostiene perfino Wikipedia, l’enciclopedia online che non manca di inesattezze e alla quale si deve evidentemente essersi riferito l’articolista anche nella seguente imprecisa precisazione: “La carbonara è stata inventata dai soldati americani, tant’è vero che nel Talismano della felicità lo storico libro di ricette pubblicato nel 1929 da Ada Boni e che è stato per generazioni il libro-guida delle sposine di buona famiglia non figurano gli “spaghetti alla carbonara”.
E qui casca l’asino: a pagina 223 del Talismano edito da Colombo negli Anni Trenta, gli spaghetti alla carbonara sono illustrati come si sono sempre fatti: “ con la pancetta a dadini ,con le uova battute in una terrina come per frittata, e gli altri ingredienti d’uso: cipolla sottilmente affettata, parmigiano grattato, prezzemolo finemente tritato e il pepe”.
D’altro canto, l’origine della carbonara, da cui il nome, si fa risalire ai carbonai umbri e marchigiani che a fine Ottocento scesero a Roma con il carico di carbone da vendere e portarono nelle trattorie romane, evidentemente allora come oggi pronte ad ogni suggestione esterna, il loro piatto preferito, fatto di pancetta e uova, ingredienti che potevano portarsi dietro durante il viaggio. Per questo si chiama “carbonara”. altrimenti, ci sarebbe da chiedere a Wikipedia, perché non si chiama alla ”americana”, o alla “Quinta Armata”, o direttamente alla “Liberazione”?
Sempre a proposito di spaghetti, stavolta alla “amatriciana”, c’è un’altra storia che gira fra i tavoli celle trattorie romane. Ed è quella che si riferisce all’origine della definizione di “gricia”, la amatriciana in bianco. Si narra, dunque, che nella Roma del Papa Re, fra le guardie svizzere che provengono dal Cantone dei Grigioni e che i romani chiamavano sbrigativamente “i grici”, i grigi, fossero i più d’uno quelli che non amavano la amatriciana tradizionale, rossa, se non altro perché il pomodoro all’epoca non era diffuso fra i monti della Confederazione Elvetica. Di qui la richiesta all’oste di un’amatriciana senza pomodoro, in bianco. Col tempo, dal nome dei Grigi è diventata la “gricia”, che oggi viene proposte in quasi tutte le trattorie, anche in quelle che non hanno mai avuto guardie svizzere fra i clienti.
Questa non è una leggenda ma un pezzo della storia di Roma, una città che di divise straniere ne ha viste passare tante, ma fortunatamente non tutte hanno lasciato il segno sul menù delle trattorie di Trastevere.