Drink Pink in Sicily. Sua eccellenza il rosato siciliano

CATANIA (nostro inviato) La seconda edizione d Drink Pink in Sicily, la grande manifestazione sui rosé siculi, “dal Vulcano ai tre valli”, si è svolta a Catania tra seminari, tavole rotonde, banchi d’assaggio e proposte gastronomiche.

A creare l’evento è stata la sommelier con formazione FIS, AIS e WSET e imprenditrice Gea Calì, che ha ambientato l’evento al SAL- Spazio Avanzamento Lavori del presidente del gruppo Giovani di Confindustria Catania e proprietario di Cantine di Nessuno, Gianluca Costanzo.

Il seminario “7 Bolle Rosa – La sfida del metodo classico in Sicilia”, ha visto Manlio Giustiniani, Champagne & Wine Consultant, guidare i partecipanti con una digressione sui metodi produttivi dei vini mossi: ossia metodo Martinotti o metodo Charmat e metodo classico o metodo Champenoise (definito Crémant quando viene attuato esternamente alla regione dello Champagne, in Francia), il secondo più costoso ma con esiti più pregevoli. Giustiniani nel rimarcare l’abbinabilità del rosato effervescente a tutte le fasi del pasto, ha rammentato come la flûte non sia in grado di far brillare le prelibatezze degli sparkling wines, che meglio si esaltano con calici dalle caratteristiche diverse. Ha raccontato che la produzione spumantistica sicula è iniziata con il Barone Felice Spitaleri di Muglia che, nel tardo diciannovesimo secolo, piantò il Pinot nero sull’Etna per ottenere (denominazione non più consentita) lo Champagne Etna (adottando il metodo classico). Amatissimo anche in terra francese, fu annoverato tra i primi produttori italiani di champagne. La famiglia Murgo nelle ultime decadi (1990) è impegnata a riprendere la produzione spumantistica e a realizzare prodotti sempre più interessanti.

 Gea Calì e Agata Arancio (vice presidente Fondazione italiana sommelier Sicilia orientale) hanno accompagnato Giustiniani nell’analisi organolettica e descrittiva di 7 notevolissimi spumanti rosati siculi, di cui 4 con vitigni tipicamente siciliani e gli altri tre, totalmente o a prevalenza, internazionale: “Nutaru” Spumante Metodo Classico Rosè (100%Frappato) di Avide, Il Rosé Cuvée Vitese 595 Colomba bianca (nero d’avola); “Fin Che Venga” metodo classico rosé Cambria; il Murgo Brut Rosè (nerello mascalese); il Rosé Brut Spumante Metodo Classico terrazze dell’Etna (pinot nero 90%/nerello mascalese 10%); Il Donnafugata millesimato rosé (Pinot nero) e l’Almerita rosé tasca D’almerita (Pinot nero).

Dodici vini rosati fermi del 2018 sono stati protagonisti di una disanima alla cieca fatta da una giuria (di cui facevo parte) composta da 12 giornalisti, winelover e sommelier che hanno decretato il successo dell’Etna Rosato Volcano dell’Azienda Agricola Monterosso. Sul podio anche l’Etna Rosato Contrada Pietralunga di Cantina Malopasso e l’Etna Rosato di Tenute Mannino di Plachi.

Nel pomeriggio una tavola rotonda sull’evoluzione del rosato, condotta da Franco Seminara (noto per la trasmissione radiofonica “Soul salad”) si è giovata degli interventi di Francesco Motta, delegato di Slow wine, Anastasia De Luca delegata di Slow food, Antonio Benanti (presidente del Consorzio Etna Doc e di Benanti), Gina Russo Presidente dell’associazione Strade del vino dell’Etna e di Cantine Russo, Marco Calcaterra Presidente Strada del Vino Cerasuolo di Vittoria e della casa produttrice Avide, Mario Paoluzi dei Custodi delle Vigne dell’Etna e Pietro Di Giovanni presidente dell’Enoteca regionale e produttore in più cantine.

Il dibattito ha evidenziato come il rosato, molto considerato negli USA, non ha ancora catturato l’immaginario gustativo del fruitore medio in Italia, nazione produttrice ma non consumatrice (solo il 4% mondiale) e come una promozione più coinvolgente del consumatore, può preludere a una definitiva affermazione del rosato siculo in ambito internazionale.

Francesco Saverio Russo (wineblogroll.com) ha illustrato la Verticale storica di 7 annate, consigliate da Emiliano Falsini (la 2008 e quelle dal 2013 al 2018) di “Osa! questo non è un vino tranquillo”, Frappato rosato I.G.T. dell’Azienda Paolo Calì (con lo stesso produttore a spiegare alcune peculiarità del vino). Mentre i nutriti banchi d’assaggio con molte cantine (e specialità gastronomiche locali) si sono giovati di Memorvino, novità digitale che consente uno scambio d’informazioni tra il bicchiere “intelligente” del partecipante prima registrato, e una piattaforma, sugli assaggi compiuti dai visitatori, le loro degustazioni e i vini scelti.

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