Spumanti dell’Etna. L’effervescenza del vulcano

CATANIA – Palazzo Biscari, residenza aristocratica catanese del diciassettesimo secolo, ha ospitato la seconda edizione di “Spumanti dell’Etna”, manifestazione delle bollicine del vino. Incentrata sulla produzione spumantistica del vulcano attivo più alto d’Europa, ha esaltato il prodotto effervescente per eccellenza che, nella sua declinazione etnea, vanta una tradizione risalente al 1870, con il Barone Felice Spitaleri di Muglia produttore tra l’altro, con uve Pinot nero, del meraviglioso e pluripremiato Champagne Etna (primo spumante originario della Sicilia) e con la cantina Murgo, che sul finire degli anni ’80, con il nerello mascalese spumantizzato, ha riaperto una tradizione che, viceversa, sarebbe tramontata.

Francesco Chittari ideatore dell’evento – con il supporto organizzativo dell’agenzia Scirocco, il patrocino della Strada del Vino, il sostegno di slow food Catania e la collaborazione di Bibenda e Fondazione Italiana Sommelier – ha promosso un settore di produzione etnea ancora di nicchia che, grazie alle accelerazioni impresse negli ultimi anni dai produttori, può e potrà misurarsi con i già blasonati “Trentodoc”, “OltrePo pavese” o “Franciacorta, puntando su una qualità che si manifesta anche nell’affinamento sui lieviti di 36 mesi (in alcuni casi fino ai 60) e non solo di 18 (come vorrebbe il disciplinare).

La crescita dello spumante siculo si avverte dalle 400 mila bottiglie (circa 3000 ettolitri di prodotto) che vengono e verranno commercializzate nei prossimi due anni nelle più prestigiose enoteche italiane, in virtù del grande cimento dei 16 produttori etnei, che già contano su un giro d’affari che ammonta a circa 3 milioni di euro. I rapporti sinergici tra i produttori, come tra le filiere produttive, e tra i primi e le istituzioni, assieme a un volume d’investimenti significativo e indirizzato alla creazione di strutture sempre più nuove e all’ammodernamento di quelle già presenti, sono la ricetta per la crescita e sono, come ha affermato lo stesso Chittari, importanti per creare quel rapporto unitario tra i vini della “Muntagna” (nome confidenziale locale dato al vulcano) e la città catanese (cosa auspicata anche dal sindaco di Catania Salvo Pogliese), in un contesto in cui anche a livello nazionale, si valorizzano, non ancora nell’adeguata misura, oltre l’Etna rosso, bianchi, rosé e spumanti dal raro pregio gustativo.

Ha aperto la manifestazione la conferenza “Dal terroir al vino: Il valore del territorio nella produzione degli spumanti”, con la giornalista Letizia Carrara moderatrice di un ensemble di autorità del vino: Gina Russo, presidentessa di Strada del vino dell’Etna, il presidente del Consorzio di Tutela dei vini Etna doc Antonio Benanti, il presidente siciliano di Fondazione Italiana Sommelier Paolo Di Caro, Manlio Giustiniani, docente di Fondazione Italiana Sommelier, tra i più eminenti esperti dello Champagne in Italia.

Gina Russo, produttrice di spumante sin dal 2010, ha sottolineato come lo spumante sia un ottimo veicolo per il brand che lo produce per cui va curato in modo esemplare. Chittari (che insieme a Benanti ha evidenziato come le limitazioni all’uso della denominazione Spumante dell’Etna – il 60% del prodotto deve essere Nerello Mascalese – impediscono di fregiarsi del titolo ad altri validi vini etnei non mossi) si è augurato che si crei una Doc spumante dell’Etna, con l’introduzione di Docg Etna e altre Doc di ricaduta. Di Caro ha affermato che, in generale, il prodotto italiano ha una buona consistenza quantitativa e meno qualitativa e l’Etna, che adesso rappresenta una moda enologica grazie alla capacità di fare sistema e attrarre turismo, deve avvalersi sempre più delle infinite potenzialità del territorio, crescendo in esperienza e comunicazione, sullo stile di quanto avviene in Francia, dove l’immagine a volte è addirittura più determinante del prodotto. Antonio Benanti ha asserito l’importanza di veicolare il territorio attraverso il vino puntando sulle molteplici varietà autoctone (carricante e tante altre) e sul fatto che il terroir etneo si presta a ogni vitigno , eccezion fatta forse per il moscato. Giustiniani ha sottolineato mineralità, freschezza e acidità uniche dei prodotti enoici dell’Etna e come il territorio si presti anche a un’ottima produzione spumantizzata di Pinot.

Gli affollati e gustosi banchi di assaggio hanno posto fine all’evento, fregiatosi anche delle delizie culinarie di 12 giovani chef della costa Jonica, che hanno seguito il tema del “Gattopardo”, della crescita e dell’evoluzione eno-gastronomica della Trinacria nel corso dei secoli, in guisa delle dominazioni che l’hanno caratterizzata.

LE CANTINE PRESENTI

Cantine Nicosia

Nuzzella

Benanti

Murgo

Russo

La Gelsomina

Antichi Vinai

Patria

Favole Siciliane

La Contea

Cottanera

Firriato

Santa Maria

La Nave

Ferrari (cantina ospite della zona Trentodoc) 

GLI CHEF : Marco Cannizzaro Ristorante Km.0, Catania, Lorenzo Ruta Taverna Migliore / Modica, Williams Cioffi, Osteria Nicosia / Trecastagni, Giorgio Cicero Murika, Modica, Giuseppe Geraci, Modì, Torregrotta, Valentina Rasa’, Mani Pura, Massimiliano Vasta, Vico Astemio, Riposto, Gianluca Barbagallo, Villa Miraglia / Cesarò, Marco Timpanaro Scirocco/ Catania, Giuseppe Pastura, Uzeta Bistrot siciliano/Catania, Ivan Siringo, Vite, Davide Guidara, Sum

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