Inflazione. Aumentano le diseguaglianze. E’ necessaria la redistribuzione del reddito

ROMA – Per Federconsumatori ed Adusbef i dati dell’Istat rispetto agli aumenti dell’Indice dei prezzi al consumo non è grave solo perché riduce fortemente il potere di acquisto delle famiglie in generale, ma l’effetto più clamoroso è che attesta l’aumento della diseguaglianza nel nostro Paese.

Un fatto estremamente grave, sia dal punto di vista sociale, ma anche da quello economico. Infatti, in questo modo, si determina un abbattimento sempre più marcato della domandai di mercato, con ricadute sul malessere della famiglie e della produzione industriale, alimentando CIG e licenziamenti.
Ecco perché il necessario rilancio dell’economia nel nostro Paese non è l’unico problema da affrontare con urgenza: bisogna intervenire tempestivamente anche con misure tese a ripristinare una migliore e più equa redistribuzione del reddito che, anziché aumentare la forbice tra l’altro e il basso nella catena del reddito, ne comporti una drastica riduzione. Per eliminare queste gravi diseguaglianze è indispensabile adottare tutti li strumenti necessari, tra cui la questione dei rinnovi dei contratti, la riqualificazione delle pensioni e la disposizione di politiche di welfare più adeguate e rispondenti alle esigenze delle famiglie.
 Ecco cosa disce l’Istat.
L’inflazione  colpisce di più le famiglie che spendono meno, concentrando  i propri consumi su beni e servizi obbligatori. Emerge da una  nuova analisi Istat che misura l’inflazione per classi di  spesa delle famiglie, suddivise in cinque sottopopolazioni in  base alla loro spesa. Nel primo trimestre 2013, l’inflazione  misurata dall’indice Ipca è stata pari al 2,5% per il primo  quintile di popolazione, quella che ha speso meno, mentre per  il quinto quintile è stata pari all’1,8%. Nel periodo  2005-2012, l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie con  spesa più bassa è aumentato del 20,2% a fronte del 16%  registrato per le famiglie con spesa più alta: ben 4,2 punti  percentuali di differenza. Le famiglie più colpite risultano  da sette anni quelle che spendono meno, limitando i propri  consumi ai beni alimentari ed energetici, i comparti che  hanno registrato un’inflazione più alta nel periodo.  I divari più ampi si sono verificati nel 2008 e tra ottobre 2011 e ottobre 2012: ogniqualvolta, cioè, l’accelerazione dell’inflazione ha portato la variazione dell’indice Ipca vicina o al di sopra della soglia del 3%.

«Sono andamenti spiegabili, in larga parte, con le forti oscillazioni – ha sottolineato l’Istat – dei prezzi dei Beni energetici e Beni alimentari, il cui impatto sui bilanci familiari è particolarmente rilevante per le famiglie dei primi quinti di spesa, soprattutto nelle fasi di accelerazione dell’inflazione».

Nell’indagine ‘La misura dell’inflazione per classi di spesa delle famigliè, l’Istat ha iniziato a calcolare l’impatto dell’inflazione sulle famiglie italiane suddivise in sottopopolazioni, definite in base al livello della spesa complessiva. Le cinque sottopopolazioni sono state individuate ordinando tutte le famiglie in base alla loro spesa equivalente (cioè tale da tenere conto della numerosità di ciascun nucleo e  poi in cinque classi (quinti) di pari numero di famiglie, in modo tale che nel primo quinto siano presenti le famiglie con la spesa mensile più bassa e nell’ultimo quinto quelle con la spesa più alta. Per ogni sottopopolazione è stata poi stimata una specifica struttura della spesa per tipo di bene o servizio, utilizzata per aggregare gli indici dei prezzi dei diversi prodotti del paniere dei prezzi al consumo. L’analisi delle diverse strutture ponderali mette in luce come il peso sul bilancio familiare delle componenti alimentare ed energetica diminuisca al crescere della spesa complessiva. In particolare, l’incidenza della spesa per Beni alimentari e Beni energetici per le famiglie del primo quinto è pari a circa il doppio di quella relativa all’ultimo.

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