Cannes 78. Moi qui t’amais di Diane Kurys

Attenti a questi cinque: Simone Signoret, Yves Montand, Edith Piaf, Arthur Miller, Marilyn Monroe. Non è il cast di un ipotetico colossal di Hollywood, ma la più illustre combriccola di celebrità che negli anni Cinquanta e seguenti abbia fatto la fortuna dei rotocalchi specialisti di affari di cuori. 

E che cuori! E che amori! Una celebre attrice francese di origine tedesca, un operaio metallurgico piuttosto belloccio nato in Italia ma emigrato oltralpe, una indimenticabile cantante di strada parigina, un celebre commediografo americano e la diva numero uno di Hollywood tutti coinvolti in un valzer amoroso fra matrimoni e divorzi da prima pagina.

Ed eccoli insieme in un biopic (film biografico) che il festival di Cannes presenta impropriamente nella sezione dei classici restaurati: non è un classico perché è stato appena girato e tanto meno restaurato perché non ne ha bisogno. Ma più che classici ne sono i personaggi. L’autrice è Diane Kuris che al festival sulla Croisette non è nuova avendo già presentato anni fa un lavoro analogo.

Io che ti amavo (così suona in italiano il titolo originale) è la storia del grande, contrastato ma duraturo amore di Simone Signoret per Yves Montand. E degli altri tre personaggi, anche loro celeberrimi con i quali, di qua e di là delle sponde dell’Atlantico, hanno condiviso parte della loro vita sentimentale.

Figlia di un ebreo polacco e della parigina Georgette Signoret, Simone è nata nel 1921 a Wiesbaden, città tedesca allora occupata dai francesi. Giovanissima, si fa notare nella Parigi intellettuale della rive gauche. 

E’anticonformista, devota alla causa della giustizia sociale, entra nel mondo del cinema sposando il regista Yves Allegret che un giorno, malauguratamente, le presenta un italiano arrivato dalla Toscana per fare lo scaricatore di porto a Marsiglia. 

Montand, all’anagrafe Ivo Livi, era appena approdato a Parigi ed era diventato cantante grazie a Edith Piaf, che ne aveva fatto un suo protetto, ma giorno commise lo sbaglio di presentarlo a Simone Signoret, che appena lo vide non tardò a invaghirsene e lo portò via alla Piaf, sposandolo in breve tempo.

I due erano coetanei e si amavano teneramente, ma un giorno andarono insieme negli Stati Uniti e incontrarono Arthur Miller, lo scrittore che aveva sposato Marilyn Monroe e che subito propose Montand come protagonista maschile del film Facciamo l’amore che George Cukor avrebbe girato proprio con Marilyn. 

Anche Miller, come aveva fatto la Piaf, commise un’imprudenza presentando Montand alla Monroe: Fra l’italiano e la conturbante Marilyn nacque subito l’amore, i due ebbero una clamorosa relazione e i rispettivi matrimoni furono subito a rischio. Ma mentre lo scrittore americano approfittò della situazione per liberarsi della bionda attrice, Simone Signoret tenne duro e perdonò il fedifrago. 

Rientrato in Francia, il bell’Yves tornò all’ovile e rimase con Simone fino alla morte di lei nel 1985: aveva 64 anni ed era diventata quasi cieca. Montand si spense sei anni dopo e volle essere sepolto accanto a Simone: nonostante gli alti e i bassi si erano sempre amati intensamente. 

Simone Signoret negli anni Cinquanta ha interpretato molti film importanti, fra i quali Il piacere e l’amore di Max Ophuls, Casco d’oro di Jacques Becker, I diabolici di Henry Clouzot, La selva dei dannati di Luis Bunuel, nel 1959 ebbe l’Oscar per La strada dei quartieri alti di Jack Clayton, in Italia lavorò con Antonio Pietrangeli in Adua e le compagne, in America ebbe molto successo con La nave dei folli di Stanley Kramer, e con Chiamata per il morto e Il gabbiano, entrambi di  Sidney Lumet. 

Quanto a lui, (era nato a Monsummano Terme, in provincia di Lucca, il nome d’arte Montand lo aveva scelto ricordando come la madre chiamava dalla finestra lui bambino che giocava in cortile: “Monta (sali), Luigi), pur essendo soprattutto cantante (indimenticabile la sua interpretazione di Le foglie morte) ha interpretato film importanti come Vite vendute di Clouzot, Teresa Raquin di Marcel Carnè, La guerra è finita di Alain Resnais, Z, l’orgia del potere di Costa Gavras.

C’era da aspettarselo che la regista Diane Kurys volesse dare una propria interpretazione della storia appassionata e affascinante di una delle più celebri coppie del cinema francese, come Signoret-Montand.  

Non è nuova al genere: già nel 1987 era stata in concorso a Cannes con Un homme amoureux, storia di un immaginario attore del cinema americano che a Cinecittà si innamora perdutamente di una giovane compagna di lavoro francese. E stavolta ha voluto rendere omaggio a due autentici mostri sacri del grande schermo protagonisti, nella vita, di una storia d’amore che sembra uscita da una felice sceneggiatura hollywoodiana. 

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