Aung San Suu Kyi ritrova il suo Nobel dopo oltre 20 anni. E il Mondo ritrova lei

ROMA – Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace nel 1991, si appresta finalmente a ritirare il suo riconoscimento ad Oslo, domani.

Un momento atteso oltre un ventennio, speso perlopiù nelle carceri e agli arresti domiciliari imposti alla leader politica birmana dalla Giunta militare al potere a Myanmar. La neo-parlamentare birmana è già in Europa, in un viaggio dove toccherà una serie di tappe importanti per la sua storia personale e per il futuro del suo Paese. Oggi ha parlato a Ginevra all’ILO (International Labour Organisation), il ramo delle Nazioni Unite che si occupa di lavoro, per testimoniare la volontà di un Paese emergente come Myanmar di prendere le distanze da uno sviluppo selvaggio che calpesta i diritti e la sicurezza dei lavoratori, ma che soprattutto prevenga lo sfruttamento minorile. Una scelta ovviamente non casuale e di grande significato.

Poi sarà la volta del suo Premio Nobel, prima di proseguire per Londra, alla House of Parliament, Oxford per un dottorato ad honorem in Diritto civile e, infine, Parigi. Per chi ha scritto di lei molte volte in passato, un passato a tinte fosche, di negazione dei diritti, di discriminazione, che sembrava non avere futuro, è davvero emozionante rivedere Aung San Suu Kyi parlare all’ONU, ritirare il Nobel e poter contribuire al progresso del suo Paese e dell’umanità parlando nelle sedi più storiche e evocative della democrazia mondiale. Ancora una volta, le capacità e la straordinaria determinazione di una donna, lasciano il segno nella Storia.

 

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