Pakistan. La Corte ordina l’arresto di Musharraf. E lui nel caos scappa dall’aula

L’ex dittatore voleva essere eletto alle prossime elezioni

ISLAMABAD – E’ scappato durante il caos scaturito dalla lettura del sentenza di condanna a suo carico. Triste epilogo per il ritorno in Pakistan di Pervez Musharraf, l’ex premier tornato in Pakistan per candidarsi alle elezioni parlamentari del prossimo 11 maggio. L’ex militare golpista è riuscito a superare le barricate dell’aula, ad uscire dalla sede del Tribunale Superiore di Islamabad e a dileguarsi a bordo di una Jeep assieme alla sua scorta. Secondo fonti locali, Musharraf si sarebbe barricato nella sua villa di Chak Shahzad, alla periferia di Islamabad. Una beffa che si stava concretizzando con la lettura del fermo immediato per le accuse di alto tradimento, l’assassinio di Benazir Bhutto e di un altro leader tribale nel Balochistan. Un arresto che sarebbe coinciso probabilmente con la morte di Musharraf, vista la condanna a morte che che pende sulla testa dell’ex dittatore pakistano, al potere dal 1999 al 2008, promessa dai talebani pakistani. Solo nei giorni scorso, infatti, ben 5 candidati al prossimo Parlamento pakistano sono stati brutalmente uccisi. Anche Musharraf aveva deciso di candidarsi nella circoscrizione di Chitral, piccola città nel nord, ma il suo dossier è stato invalidato. Ma i giudici hanno di fatto bloccato il ritorno al potere di Musharraf, bocciando la richiesta dei suoi legali di estendere la libertà dietro cauzione a colui che tra le altre cose decise di sospendere la Costituzione e dichiarare lo stato di emergenza nel 2007. Nonostante tutto i suoi legali hanno annunciato ricorso.

Il ritorno di Musharraf nelle sedi del potere in Pakistan, icona del potere che fu, più che un pericolo è catalogabile come un tentativo di cavalcare l’onda del malcontento che agita alcune frange delle popolazioni. Soprattutto quelle più giovani. Da quando l’ex militare ha abbandonato il Paese, la condizione di vita della popolazione non è migliorata granché, anzi. Una situazione non facile, dopo che tra mille difficoltà e non poche polemiche Asif Ali Zardari, del Partito popolare pakistano, ha potuto portare a termine il mandato di governo e consegnare le chiavi del Paese ad elezioni libere. Un crocevia democratico reso ancora più difficile dal ritorno in primo piano del terrorismo islamico, vera matrice reazionaria che rappresenta la vera incognita sulla vita pubblica, e non solo per gli attentati ai politici dei giorni scorsi. L’Islam è visto come la soluzione per l’uscita dalla crisi. Lo sottolineano alcuni sondaggi sui giovani pakistani, secondo cui perseverare con la via democratica è la strada sbagliata per il Paese, mentre sarebbe meglio tornare alla legge islamica. Un fatto che fa riflettere se si pensa che il campione preso sotto analisi è quello che va dai 18 e i 29 anni. “La Shaaria è meglio della democrazia” potrebbe essere il motto di quanto rilevato dai sondaggi della British Council, l’organizzazione britannica specializzata in educazione e opportunità culturali e di sviluppo, su un campione di 5 mila intervistati. Quello che emerge lascia poco scampo: il 75% dei giovani ritiene che il Pakistan sia peggiorato rispetto all’inizio della legislatura, e il 58% non ritiene che “la democrazia è stata un bene”. A questi si aggiunge il 70% che dice di vivere “peggio” rispetto a cinque anni fa. Soprattutto per la mancanza di “opportunità” per crescere e dare nuova fiducia e speranza alle nuove generazioni e per l’aumento dei prezzi.

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