Francia, fisco. Dopo la protesta dei calciatori, quella (vera) degli artigiani

PARIGI – Gli artigiani e i proprietari di piccole attività francesi pronti a metter su una nuova protesta per manifestare le proprie inquietudini dell’“asfissia fiscale” del Fisco. E’ quanto riporta il quotidiano filo-conservatore “Le Figaro” nell’edizione odierna.

Il dito è puntato dritto al governo guidato da Jean Marc Ayrault, ancora una volta nel mirino della Capeb, la confederazione degli artigiani che imbandì una protesta nelle strade di Parigi già lo scorso venerdì 13 settembre, quando circa 20 mila scesero in piazza per chiedere aliquote fiscali meno pressanti. Quello dell’artigianato, anche in Francia, è uno dei settori nevralgici, se si pensa che negli ultimi dieci anni sia riuscito a creare 650 mila nuovi posti di lavoro nelle circa 100 mila imprese create.

Non possiamo più accettare che si penalizzi coloro che producono ricchezza e lavoro” spiega Jean Pierre Crouzet, fornaio-presidente dell’Upa. “Non possiamo più soffrire senza reagire” ha concluso l’artigiano. “Il silenzio è la peggiore agonia” rincara Patrick Liébus, capo del settore edilizio dell’Upa.

Un focolaio, nel paese della ghigliottina, che ha cercato di placare la scorsa settimana durante una conferenza Upa, il ministro del lavoro, dell’occupazione e del dialogo sociale, Michel Sapin, già ministro della funzione pubblica dal 2000 al 2002. “E’ facile – disse l’esponente socialista lo scorso giovedì – dire che in una visione semplicistica che il governo non fa nulla mentre coloro che lavorano sono penalizzati”.

Ma la supplica non ha fatto breccia tra gli artigiani, che nel 2013 si sono visti aumentare tasse per 11 miliardi, che a breve vedranno inasprirsi le condizioni per l’accesso ai servizi pensionistici. Senza parlare degli effetti che subiranno dalla tassa sui consumi di un punto percentuale dal prossimo primo gennaio e senza contare l’aumento delle tasse sull’apprendistato, che certamente non favoriscono gli obiettivi del governo sul fronte occupazionale.

Il sacrificio degli artigiani sull’altare del risanamento dei conti pubblici e delle relative proteste non può non esser accostato alla protesta dei plurimilionari calciatori professionistici della Ligue 1 e Ligue 2 (la serie A e B francese), indetto per il prossimo 29 novembre per protestare contro l’introduzione dal prossimo anno di una tassazione del 75% sui guadagni superiore al milione di euro e che tanto ha fatto indignare la popolazione. Soprattutto se si considera che si tratta di una manovra che colpirà direttamente le tasche dei vari Zlatan Ibrahimovic e Edison Cavani, stelle del Paris Sain Germain che percepiscono su base annuale rispettivamente 15 milioni annui e 10 milioni netti. Quindi con tassazione a carico delle società calcistiche. Non proprio figli dello stesso dio di quegli artigiani che faticano ad arrivare alla fine del mese, a far quadrare i conti per pagare i propri operai.

Quella di tassare i ricchi per dar fiato ai poveri è già stata etichettata come una promessa non mantenuta del presidente della Repubblica François Hollande durante la sua campagna elettorale. In molti ricorderanno la reazione che ebbe Gerard Depardieu alla notizia della tassazione dei ricchi, pronto ad esser accolto con il dono della cittadinanza russa come nuovo “paperone” alla corte di Putin, in Russia. Una fuga dalle maglie del fisco certamente più esotica di quella generalmente adotta da molti vip francesi, pronti a varcare la linea Maginot per le “oasi fiscali” del Belgio. La più rinomata tra di esse è Néchin, paese a soli 1,6 chilometri dal confine della città francese di Lille, dove circa il 27% degli abitanti è un francese che si dice felice di esser sfuggito dalla tassa sulla ricchezza.

Un provvedimento, va detto, ostacolato anche dai garanti della legge francese che lo scorso mese di marzo ritennero una “tassa confiscatoria” e “incostituzionale” la messa in opera della tassa promessa, che dovrebbe entrare in vigore solo il prossimo anno. Se nessun altro intoppo interverrà. Nel frattempo però Hollande ha proseguito con l’operato del suo predecessore Nicolas Sarkozy, aumentando le tasse. Il “New York Times” ha calcolato che dal 2011 ad oggi in Francia ci sia stato un aumento della tassazione di almeno 60 miliardi complessivi. Circa il 3% del Pil. Certamente non ai livelli italiani, ma un trend molto simile che nelle dichiarazioni del presidente deve esser invertita.

Certo è che se è vero quanto emerge d’Oltralpe, che i primi a beneficiare dello sgravo o, meglio del non aggravare le proprie condizioni siano gli speculatori finanziari e non le fasce di popolazione meno abbienti, non è certo un bel biglietto da visita per l’ “armata rossa” di Hollande. Una corazzata che durante la fase delle promesse elettorali si era definita come “nemica della finanza”. Ma che negli ultimi giorni, forse perchè incalzato dal governatore dell’istituto centrale transalpino Christian Noyer, ha visto precisare Hollande che Parigi non promuoverebbe mai azioni in grado di distruggere intere porzioni del comparto finanziario francese. Il che si traduce in una retromarcia sulla Tobin tax insomma, che lascia alla finanza la tassazione voluta dai suoi predecessori e che è stata definita dagli esperti già “molto sottile”. In questo scenario non è certo difficile capire come la destra populista di Marine Le Pen abbia preso leva nei consensi nei sondaggi elettorali francesi. 

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