L’Emilia trema. Niente soldi ai terremotati. Tav e armi costano 38 miliardi di euro

ROMA – Mentre l’Emilia continua a tremare, questa notte si sono registrate ben 29 scosse, il bilancio sale, 24 i morti complessivi dal primo sisma e quasi 15 mila sfollati, il governo va alla ricerca di soldi.

Cerca di racimolare un po’ qui e un po’ la per far vedere ai suoi cittadini che ce la sta mettendo tutta per aiutare gli sfortunati colpiti dal violento sisma. E il rincaro di 2 centesimi sul costo dei carburanti la dice lunga sull’efficacia delle istituzioni. Perfino il  Grande d’Oriente d’Italia ha annunciato di aver istituito un fondo di solidarietà per i terremotati. “È nostro dovere di cittadini responsabili dare il nostro contributo agli aiuti e ai soccorsi delle comunità che affrontano la nuova emergenza”, ha detto il gran maestro della loggia massonica Gustavo Raffi.
Intanto il  vicepresidente di Confindustria per le politiche regionali e la semplificazione Gaetano Maccaferri fa un po’ di conti sui danni provocati dal terremoto, che tra stabilimenti danneggiati molto pesantemente in termini di edifici, macchinari e scorte sarebbe superiore ai 600 milioni di euro. Una cifra considerevole che riguarda solo il settore industriale, senza contare il rischio della perdita dei posti di lavoro proprio in quell’area. E la Coldiretti parla addirittura di 3 miliardi di danni nel settore agroalimentare.

In tutto questo lo Stato dice di non avere i soldi per far fronte a questa ennesima calamità naturale. E questa non è una novità. Anche se i soldi a dirla tutta si troverebbero. Il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli ha detto che per mettere in sicurezza il territorio italiano ci vogliono almeno 41 miliardi di euro. Dove trovare il denaro? Semplice, paga il cittadino. Il decreto legge numero 59 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale  il 17 maggio 2012, proprio pochissimi giorni prima del tremendo sisma emiliano parla chiaro. L’articolo 2 recita: “Al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, possono essere estese tutte le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di fabbricato appartenente a privati. E questo per poter garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione”.

In sintesi significa che, o ti assicuri e quindi ti paghi una bella polizza oppure ti arrangi.

E le parole pronunciate recentemente dallo stesso Gabrielli non lasciano adito a dubbi: “Purtroppo per il futuro dovremo pensare alle assicurazioni, perché lo Stato non è più in grado di fare investimenti sulle calamità: possiamo ritenere che gli aquilani siano stati gli ultimi a ricevere assistenza dallo Stato. Il problema, però, è ancor più grave ed è a monte perché prima ancora che sulle calamità bisogna pensare alla prevenzione delle stesse. E il nostro Paese non ha investito su questo, né sul risanamento delle sue criticità, né sulla Protezione Civile che ad oggi non ha più alcuna risorsa: l’Italia è un territorio sismico e idrogeologicamente compromesso, di calamità ne vedrà parecchie. 
Per il futuro, zero assistenza e zero prevenzione.”
Incredibile, ma vero.

Intanto sale l’indignazione per la mancata cancellazione della parata del 2 giugno, pur sobria che sia.  Anche se a dirla tutta questo rappresenterebbe solo un piccolissimo esempio su come risparmiare qualche soldo e indirizzare le risorse dove ce n’è veramente bisogno.
Il governo avrebbe l’obbligo in questo delicato frangente di annullare l’acquisto dei 90 Cacciabombardieri Joint Strike Fighter F-35, che al costo di 181 milioni al pezzo costano allo Stato oltre 16 miliardi di euro. Ma non solo. La Tav in Val di Susa costerà ben 22 miliardi di euro, per realizzare una “grande opera”  che probabilmente non servirà a nulla e causerà l’ennesimo sfregio al territorio italiano. Insomma un disastro sul disastro e chi ci governa tace e acconsente.

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