Crisi libica. Berlusconi premier degli indecisi, con poche idee ma confuse

ROMA – I guai non gli fanno dormire sonni tranquilli. Le bombe dell’alleanza occidentale sulla Libia lo hanno colto di sorpresa. Ma è un eufemismo giornalistico. La realtà è che il magnate di Arcore non può stupirsi di niente perché letteralmente non sa mai che pesci prendere. Il governo degli inetti si è trovato e si trova nella più profonda incapacità di gestire una crisi internazionale. Come sottolineava ieri sera Francesco Rutelli a “Ballarò” le dichiarazioni dell’accoppiata del nulla Berlusconi-Frattini, in appena cinque giorni, hanno mostrato cinque idee diverse sulla crisi libica. E continuano a contraddirsi a vicenda.

La Francia ci considera nullità

Secondo un cervello pensante, forse Nicolas Sarkozy avrebbe spinto per il bombardamento di Bengasi se al posto dell’Italia ci fossero state la Germania o la Gran Bretagna? Certo che no. L’intervento francese è stato chiaramente finalizzato a sostituire l’Italia sul proscenio libico, tanto che la bandiera francese sventola sugli avamposti di Bengasi. E non andate a parlare degli italiani ai rivoltosi: ne sentireste delle belle. Così, il capolavoro politico del magnate di Arcore sarà completo. Come dice Crozza, ai francesi il petrolio, agli inglesi il territorio e agli italiani i profughi.

Ora Berlusconi, dopo un mese di silenzio e totale incomprensione della crisi libica, sta pensando seriamente di tornare sulla scena. A Palazzo Chigi stanno addirittura pensando ad una mediazione del premier direttamente con Gheddafi. Gli si prospetterebbe un’uscita di scena indolore con salvacondotto per l’estero. Ipotesi ilare.

Il governo degli inetti si è impantanato nella più terribile delle situazioni: incapace di scorgere gli scenari del Maghreb non solo per mancanza di esperienza ma per profondo disinteresse ed incultura, tutto preso com’è dalle sue vicende giudiziarie e dai tentativi (in via di realizzazione) di bloccare i processi Mills e Mediatrade.

Le critiche dei Vescovi

Una lucida analisi delle incapacità di questo governo viene oggi offerta anche dal quotidiano dei vescovi italiani “Avvenire”, secondo cui, una volta che il comando delle operazioni sarà assunto dalla Nato, come vorrebbe il nostro Esecutivo, “è probabile che la Nato chieda di sfruttare a pieno l’ineguagliabile posizione strategica dell’Italia nel Mediterraneo e di avere da noi una partecipazioni ‘senza se e senza ma’ (non del genere vado volo, ma forse non sparo). Quella atlantica è una alleanza dura e impegnativa non un autobus da cui si può salire e scendere”. Esattamente quello che Berlusconi teme di più.

Gheddafi passa all’incasso

D’altronde, Berlusconi si è ben inserito in un’alleanza che, fin dal principio, ha fatto acqua da tutte le parti. In questo, per la verità, è stato fortunato, perché poteva andare peggio. Ma vi ha aggiunto di suo il copyright, affinando il suo notorio screditamento agli occhi occidentali, per i quali il nostro Paese è importante perché ci mette la casa (le basi militari) e qualche suppellettile in caso di bisogno (una decina di aerei pronti all’uso). Ma meglio lasciare perdere l’influenza nelle decisioni strategiche, che sono proprie dei governi autorevoli. E intanto il raìs se la ride, sbeffeggiando il suo sodale di bisbocce. Mentre l’Alleanza non sa come proseguire in una vicenda nata male e proseguita peggio, anche per colpa dell’assenza italiana, i ribelli non riescono a scalfire il potere gheddafiano, anzi accusano rovine fra le installazioni e l’incerto potere civile nel frattempo insediatosi nei territori “liberati”.

Le armi della diplomazia

Dopo il tempo delle non decisioni, ora però il premier sembra essersi convinto che un “cessate il fuoco” duratura e reale possa aiutare il suo governo a tornare sulla scena. Anche perché, come al solito, è la Lega che spinge in questa direzione. Assumendo la direzione del conflitto, la Nato seguirebbe la norma del “consenso”: ogni decisione, soprattutto quelle militari, devono trovare l’accordo unanime. E questo sarebbe l’unico modo per ridare un briciolo di dignità internazionale al nostro Paese. Ammesso che con l’accoppiata Berlusconi-Frattini ciò sia possibile.

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