Le carte in tavola del Pd

ROMA – Anche se la presentazione della “carta di intenti” da parte del segretario del Pd, Pierluigi Bersani, avesse solo il merito di rompere una discussione sulla riforma della legge elettorale che prescinde, per colpa di Berlusconi e del Pdl, dai problemi che riguardano il presente è il futuro del nostro Paese,sarebbe già un fatto encomiabile.

Ormai da molti giorni i media sono impegnati in resoconti,retroscena,  che segnano un panorama squallido di una informazione che non riesce, o non vuole riuscire ad andare oltre il chiacchiericcio, il pettegolezzo. Un esempio: la vicepresidente del Senato,Emma Bonino, si è trovata quasi candidata  una lista di “montiani”. Non ne sapeva niente. Sembra che i media, quelli grandi, che esprimono orientamenti che una volta si definivano della “borghesia illuminata” sguazzino nell’acqua torbida del “sono tutti uguali”, “ tutti barano sulla riforma elettorale”, “ognuno guarda agli interessi di parte”.Insomma il coro ci presenta una politica che ha perso l’occasione di riformarsi, grazie al fatto che il governo tecnico metteva in atto quelle riforme che i partiti non sono stati in grado di portare a compimento prigionieri, tutti, delle clientele, delle lobby. Si è perfino parlato di ” lobby” a proposito dei Comuni, delle Province,delle Regioni che hanno osato criticare la “ spending review “ che metteva e  mette ancora a rischio,malgrado gli emendamenti approvati,  servizi pubblici fondamentali, dalla sanità ai trasporti. Bersani, in uno dei passaggi del suo intervento ha chiesto “ rispetto” per le posizioni del Pd. Non ha avanzato promesse, “ non crediamo all’ottimismo delle favole”. “ Crediamo- ha detto- in un risveglio della fiducia e soprattutto nel futuro degli italiani”. Ed ha pronunciato una parola che è diventata quasi un tabu: governabilità. Ecco la riforma della legge elettorale deve avere un obiettivo: assicurare la governabilità del Paese.  Ed ha presentato un percorso alternativo, la carta di intenti appunto  con cui i democratici e i progressisti si candidano a governare il paese. Non a Monti come ha tenuto a precisare ma alle destre. E’ un fatto nuovo nella vita politica e istituzionale del nostro Paese che si trova ad affrontare una crisi di dimensioni storiche, in senso negativo. Gli ultimi dati sull’occupazione dicono che il 10,8% è senza lavoro.I disoccupati  sono 2,8 milioni.  Le Borse si muovono a giorni alterni, lo spread fra titoli italiani e tedeschi nabiga sopra i 480 punti base. Monti vede una possibile uscita dal tunne della crisi. C’è accordo con Hollande sulla necessità che  subito entrino in funzione le misure decise dal vertice di Bruxelles per combattere la speculazione. Merkel sembra autorizzare il via libera alla Banca centrale europea per intervenire. Sembra, perché un giorno un passo avanti poi un passo indietro. Il “libretto”presentato da Bersani guarda,insieme , all’Italia e all’Europa.  

Propone una politica alternativa alle destre, al liberismo, parla di una economia che ha ceduto il passo alla finanza. C’’è un passaggio nel suo intervento che qualifica la carta di intenti, indica il segno di marcia del Pd “Contestiamo – ha detto  Bersani – il liberismo finanziario che ci ha portato a questa crisi, denunciamo come abbia disarmato sovranità e democrazia nei Paesi.  Qui non c’entra il mercato siamo a una micidiale distorsione del mercato, al dominio di soggetti incontrollati, un dominio che ha innescato la più grave crisi dal dopoguerra a oggi”. Come uscirne? Come operare perché sia la politica, la buona politica, a riprendere nelle mani l bandolo della matassa?  Bersani “offre” certezza quando dice che la nostra visione assume il lavoro come parametro di tutte le politiche, ed al lavoro accomuna i diritti, da quelli dei figli degli mmigrati a quelli delle coppie omosessuali, dei lavoratori che devono poter scegliere il sindacato che vogliono, anche se non ha firmato il contratto, chiaro riferimento a Marchionne e alla Fiat. Il segretario del Pd punta tutto sulla costruzione di un percorso, di una coalizione,di una alleanza, un “patto di legislatura”, che nascano da un rapporto di massa, si diceva una volta. Non solo incontri, confronti, con forse liberali, moderate e di  Centro, sindacati, con movimenti, associazioni,liste civiche, singole personalità intellettuali , ci sono storici, economisti,filosofi, costituzionalisti, esperti di diritto, disponibili a dare una mano. Ma serve un rapporto diretto con i cittadini, a livello territoriale,locale. Già nelle feste dell’Unità la carta di intenti diventerà argomento di discussione con decine di migliaia di persone. Una grande operazione di democrazia che, ovviamente non si limiterà al momento della definizione di un programma da presentare agli elettori, ma dovrà poi caratterizzarsi come metodo di governo, sia nazionale che negli enti locali, nelle regioni.  Bersani ha messo le carte in tavola. Noi- ha detto- i democratici e o progressisti siamo pronti, siamo pronti e non siamo soli. Siamo convinti di avere cose da dire e soprattutto molte cose da fare. Per l’Italia, bene comune. Il titolo, appunto, del libretto, bianco rosso e verde. Il tavolo è aperto.

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