In questi anni, grazie anche la drammatica situazione del Covid-19 che ha imposto scelte drastiche ai Governi che si sono succeduti, in Italia sta avvenendo un lento ma graduale svecchiamento dei processi amministrativi e un diverso approccio lavorativo che, facendo leva sui progressi tecnologici raggiunti, permette una più rapida ed incisiva risposta alle esigenze della collettività.
Sebbene il processo si era già innescato a partire dal 2015 con la riforma Madia (L. n. 124/2015) che però parlava di Telelavoro e con la Direttiva sullo Smart Working e Telelavoro n.3/2017 emanata dalla Funzione Pubblica, è soltanto nel periodo 2020/2021, in relazione con il picco pandemico, che si è avuta una reale accelerazione del “Lavoro Agile”.
Tutto ciò ha prodotto un radicale cambiamento nell’organizzazione del lavoro che ha coinvolto sia il settore privato che pubblico, grazie ad un utilizzo diverso dei sistemi tecnologici che hanno permesso di graduare la presenza del lavoratore in ufficio, potendo erogare parti, più o meno ampie e rilevanti delle prestazioni da remoto, in modo agile (fermi restando vincoli di controllo) e intelligente (passando da una misurazione analogica sostanzialmente identificabile con la presenza ad una per obiettivi e risultati).
Certamente questa nuova metodologia ha dovuto attraversare alcuni cambi di rotta legati a diverse visioni dei Ministri che si sono succeduti, passando dal Piano Organizzativo del Lavoro Agile (POLA) con la ministra Dadone (anno 2020) che intendeva promuovere lo smart working come modalità ordinaria di esecuzione del lavoro nel settore pubblico e strumento di miglioramento organizzativo, al differente pensiero dichiarato del nuovo Ministro Brunetta (anno 2021) che ha voluto riportare in parte i lavoratori in ufficio, riaffermando con il DPCM del 24 settembre 2021 e il successivo DM 8 dell’ottobre, in aperta discontinuità con i precedenti atti, che il lavoro in presenza rappresenta l’unica modalità ordinaria di lavoro nella Pubblica Amministrazione e reintroducendo l’obbligo di stipula di un accordo individuale e definendo altre “condizionalità.
Ora siamo in un sistema misto “Presenza in ufficio/Smart Working” che se da un lato ha in parte ridimensionato la portata di un cambiamento significativo del lavoro attraverso un differente utilizzo della tecnologia e delle prassi lavorative più funzionali ed efficienti, dall’altro non è riuscito a negare la nuova organizzazione ideale per una erogazione efficace dei servizi per le parti coinvolte con la Pubblica Amministrazione (società collettiva, privati e imprese) che prevede un ambiente interconnesso, un disegno della produzione dei beni e servizi integrato fin dall’origine con la tecnologia e una organizzazione del lavoro con dinamiche valoriali aggiornate e potenziate attraverso una presa di responsabilità più marcata in relazione all’obiettivo da raggiugere.
Questo processo di crescita e aggiornamento continuo della PA è in corso e non può essere fermato e, anche se non uniforme nei settori coinvolti, si inquadra nel più grande impulso ad un generale innovazione di un apparato amministrativo che deve stare al passo con l’evoluzione della società e con le richieste che vengono dalla stessa Europa attraverso l’impostazione della Transizione Digitale, Ecologica e Sociale che ha definito orizzonti e sfide assolutamente nuove a cui tutti i paesi devono dare adeguate risposte.
Il Lavoro Agile con le nuove tecnologie al suo servizio (strumentali, informatiche e metodologiche) impone di per sé una relazione più snella tra il lavoratore e l’organizzazione cui è solidale e va verso quella semplificazione dei procedimenti che è sempre stato l’obiettivo principe che tante riforme hanno tentato nel corso degli anni di perseguire.
Questo diverso modo di vedere il lavoro, il lavoratore e la prestazione sono il vero cambiamento.
Serve una premialità per obiettivi, è necessario aggiornare in continuazione il capitale umano, adeguare le norme, le case, i processi produttivi, gli ambienti lavorativo, ibridazione delle mansioni…raggiungere una condizione “smart” del lavoro e per farlo serve una adeguata elaborazione culturale dei lavoratori e della PA della complessità sistemica con le sue varianti e meccaniche mai prestabilite.
Il calo è soprattutto nella PA e nelle piccole e medie imprese, mentre si rileva una leggera, ma costante crescita nelle grandi imprese che contano circa metà degli smart worker complessivi.
Lo Smart Working è ormai presente nel 91% delle grandi imprese italiane, mediamente con 9,5 giorni di lavoro da remoto al mese, rallenta invece nella PA, che passa dal 67% al 57% degli Enti, con in media 8 giorni di lavoro da remoto al mese, ma è impensabile credere di poter tornare indietro e cancellare un processo in atto e che vede le sue spinte proprio dalle esigenze sovranazionali (L’Europa ha predisposto precisi target a riguardo che vanno ad innestarsi con l’Agenda 2030) e da precise scelte in ambito economico, sociale e ambientale (il Lavoro Agile, ad esempio, è uno degli strumenti per la lotta al cambiamento climatico) con la prospettiva che gli effetti positivi si vedranno in tutti gli ambiti produttivi e gli ambienti sociali.