Bioinformatica: tra ricerca e supporto tecnologico

Intervista a Giovanni Morelli di Prisma Spa: “l’informatica procede a ritmi vertiginosi. Dai potenziamenti delle componenti hardware alle evoluzioni dei paradigmi software” 

Ormai è un dato certo: la bioinformatica, nei prossimi anni, condizionerà in modo determinante il progresso tecnico-scientifico della nostra società. Si tratta di una scienza fortemente interdisciplinare, che mescola saperi e competenze per espandere la nostra conoscenza del mondo biologico, soprattutto per quanto concerne gli aspetti strutturali e funzionali dei suoi componenti. Una disciplina che chiede alle scienze matematiche, fisiche e naturali di uscire dal loro isolamento per mescolarsi e produrre dati, informazione e conoscenza.

 
Gli ambiti nei quali questa scienza trova la sua naturale collocazione vanno dalla genetica, alla biologia molecolare, dalla ricerca farmacologica generale a quella specifica immunologica e virale: è ovvio quindi, come la bioinformatica assume un’importanza strategica specie in tempi di Coronavirus.
 
Ce ne parla Giovanni Morelli di Prisma Spa che da anni si occupa di High Performance Computing (calcolo ad alte prestazioni ndr) anche in ambito bioinformatico. 
 
Si parla molto in queste settimane di bioinformatica o di biologia computazionale, legata soprattutto alla ricerca del vaccino sul Covid-19. Ci fa capire innanzitutto  di cosa si occupa questa disciplina e perchè è ritenuta così importante in questo periodo?
 
La scoperta del DNA, della sua struttura e delle sue funzioni, è stata una delle maggiori rivoluzioni scientifiche dell’ultimo secolo: a partire da allora la biologia, soprattutto quella molecolare, non ha mai smesso di studiare “la doppia elica”. Tuttavia soltanto da pochi decenni, ovvero solo dopo la nascita, lo sviluppo e l’esplosione della tecnologia informatica è stato possibile raggiungere livelli di conoscenza inimmaginabili intorno a questa macromolecola e le sue funzioni ed il motivo è relativamente semplice; le sue unità fondamentali (coppie di basi) sono approssimativamente 3,2 miliardi nel caso del genoma umano: trattare qualsiasi problema di queste dimensioni senza un supporto computazionale pone dei limiti che sono facilmente intuibili. Questo non significa che il DNA non sia stato studiato prima dell’avvento dei calcolatori, assolutamente, bensì che il grado di conoscenza raggiunto su di esso è inimmaginabile al di fuori delle tecniche computazionali.
 
Quindi oggi è essenziale per una realtà di ricerca e sviluppo avere un supporto tecnologico efficace e avanzato?
       
Per quanto questa circostanza non è sufficiente, non ho dubbi a considerarla necessaria. La tecnologia si trasforma molto velocemente sia dal punto di vista Hardware che da quello Software ed affidarsi ad un supporto specialistico IT in ambiti di ricerca, consente di concentrarsi sugli aspetti puramente speculativi e metodologici, ovvero il “core” per costruire conoscenza nei contesti di ricerca. Vale la pena osservare che i due contesti, quello propriamente di ricerca e quello del supporto tecnologico alla stessa,  non vivono di vita propria, ma interagiscono tra di loro esaltando, attraverso feedback reciproci, competenze e produttività. 
 
In relazione all’attuale stato dell’industria italiano, specie nelle PMI e all’espansione della bioinformatica, come sarà possibile avviare un percorso culturale adeguato in modo da innescare un cambio di  paradigma e significare l’importanza delle nuove tecnologie?
 
La Bioinformatica si fonda su tre pilastri fondamentali: biologia, statistica ed informatica. La componente più consolidata è sicuramente quella statistica, mentre quelle più dinamiche ed in continua evoluzione sono la biologia e l’informatica. Il premio Nobel per la chimica 2020 alle scienziate Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna è il segno di quanto sia attiva la ricerca in questo campo e di come nuovi e potenti metodi si avvicendano per la manipolazione sperimentale del materiale genetico. Allo stesso tempo l’informatica procede a ritmi vertiginosi offrendo continui potenziamenti delle componenti hardware ed evoluzioni dei paradigmi software: su questo fronte è necessario non perdere terreno.  
E’ necessario che le nuove generazioni di bioinformatici siano consapevoli delle trasformazioni tecnologiche che stanno investendo il loro settore: la virtualizzazione, le architetture a microservizi, il cloud, sono solo alcuni degli ingredienti che stanno pesantemente rivoluzionando il “modo” di fare bioinformatica. Non è pensabile lasciare ai biologi l’onere di confrontarsi con questa vera e propria rivoluzione digitale: bisogna affiancarli con specialisti che siano in grado di curare sia gli aspetti progettuali ed implementativi che quelli relativi al trasferimento tecnologico necessario per rendere accessibili i nuovi paradigmi di calcolo. 

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