La governante: uno spaccato di un Italia ben pesante e moralista

Attuale e sconvolgente è “La governante”, per la prima volta in scena al teatro Quirino di Roma, per la regia di Guglielmo Ferro. 

Un testo scritto nel 1952 che spiazza e turba le coscienze ancora oggi, in un’epoca in cui la diversità fa ancora notizia. Ed è proprio sull’alterità che s’incentra la commedia: una storia di omosessualità negata, vissuta in gran segreto in una casa della media borghesia romana, guidata dal capofamiglia Leopoldo, dai solidi valori meridionali, che vive insieme a suo figlio Enrico e alla moglie Elena, la domestica Iana.

Un equilibrio stabile sino all’arrivo della nuova tata Caterina, una francese calvinista dalla morale puritana, assunta per badare ai due figli di Elena –civetta un po’ naif – ed Enrico – un incallito tombeur de femme. Una donna severa, all’apparenza integerrima – interpretata da una convincente Ornella Muti – che impone in casa un rigore e un’attenzione ai costumi che seduce il patriarca Leopoldo – uno strabiliante Enrico Guarneri – pur soffocando dentro di sé un segreto logorante. Conquistata la stima e il rispetto del capofamiglia Leopoldo grazie alla sua riservatezza e cultura poliedrica, riesce a far licenziare la fidata Iana, da sempre a servizio della famiglia, con l’accusa di molestarla esplicitamente. Un gesto estremo compiuto per preservare se stessa dal cadere vittima di quell’appetito, “quell’inclinazione” che osteggiava e celava, definendola “contro natura”.  E così a farne le spese fu la giovane, una sempliciotta semianalfabeta, costretta a ritornare in Sicilia, in un paese ancora dominato dai nobili latifondisti, che spadroneggiavano sulle vite dei servitori, ancora equiparati a veri e propri “servi della gleba”. Come si evince dalla figura del portiere – interpretato da un eccellente Turi Giordano – responsabile di una tenuta nobiliare e dei peccati dei suoi “padroni” per i quali è tenuto ad accollarsi qualsiasi colpa, anche reati mai compiuti, in loro vece e scontarne la pena.

E colpisce la naturalezza con cui Nadia De Luca dà voce a questi ultimi, nei panni di Iana: “Ho cercato di ricostruire nella maniera più autentica possibile quale potesse essere la vita di questa donna, abituata a girare scalza per le campagne del suo paese, ancora così giovane e ingenua. Un ruolo sul quale ho lavorato molto, anche nei dettagli, come la sua incapacità di indossare le scarpe, che ho reso credibile distruggendone a mia volta un paio, per rivivere il suo disagio e il suo incedere incerto.”

Un teatro gremito per questa prima, che convince non solo per l’eccellente cast, ma anche per l’attualità delle tematiche: la calunnia e il rifiuto sociale della diversità. Applausi senza sosta per il beniamino del teatro Quirino, l’osannato Enrico Guarneri, che ancora una volta convince, non solo quando strappa risate ma anche in un ruolo così drammatico, dove riesce a commuovere, senza rinunciare al suo brio e alla sua tagliente ironia. Umile come sempre, si dichiara “stupito da tanto clamore”. Da notare anche la performance di Ornella Muti, che riesce, soprattutto nella seconda parte, a trasmettere il patos della tragedia e il peso schiacciante del senso di colpa. 

Consigliato per la veridicità e l’accuratezza: la messa in scena dei contrasti di un’epoca in fermento; da un lato, l’ascesa di Freud e degli esistenzialisti nelle città e dall’altro l’asservimento legittimato dei braccianti agricoli nelle campagne. Un’accurata rappresentazione della morale borghese e della difficoltà di evolversi dei puritani, che bollano come “diversi” tutti quelli che non si conformano alla morale dominante, sino a spingerli a gesti fatali. 

Al Teatro Quirino fino al 17 marzo

La governante

di Vitaliano Brancati

con Ornella Muti, Enrico Guarneri, Rosario Minardi, Nadia De Luca, Rosario Minardi, Nadia De Luca, Rosario Marco Amato,

Caterina Milicchio, Turi Giordano, Naike Rivelli

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