L’autore ci presenta il suo libro “Affetti in affitto: la guida definitiva alla psicologia 4.0”
Massimo Lanzaro, medico, psichiatra, psicoterapeuta e neuroscientista, già noto per le sue pubblicazioni scientifiche e per la sua attività oltremanica come primario del “Royal Free Hospital” di Londra, si è conquistato il favore del grande pubblico con manuali di psicologia per tutti, adatti a risolvere i dubbi della contemporaneità. I
l suo ultimo: “Affetti In Affitto: La Guida Definitiva alla Psicologia 4.0: Esperienze trasformative, Aneddoti ispiratori e Tecniche di Evoluzione» si prefigge l’obiettivo di mettere al centro il lettore, rendendolo in grado di cogliere e utilizzare il proprio potere interiore, attraverso un percorso di crescita personale. Ci racconta come il professore in persona.
Come ha concepito “Affetti in affitto”?
Questo libro è nato dal mio desiderio di condividere: dalla volontà di piantare alcuni semi che ho trovato e raccolto lungo la mia strada. Ogni idea che ho scelto e sviluppato nel tempo prende spunto da situazioni piuttosto uniche, inusuali, o dimenticate: si tratta di faccende che ho vissuto con i pazienti o fatti di cui ho sentito parlare, di leggende zen, di spunti che vengono dall’arte, dal cinema, e da molto altro.
Il denominatore comune è che tutto mi ha insegnato qualcosa e racconto ciò che ho imparato con la speranza che possa essere per il lettore un’opportunità di aiuto, un nutrimento, un punto di vista nuovo.
Il sottotitolo: “La guida definitiva alla psicologia 4.0”, cosa vuole intendere?
Ho scelto provocatoriamente questo sottotitolo – “Psicologia 4.0” – perché ritengo che sia giunto il momento (andando oltre le tre note “vie”) di integrare le neuroscienze e la psicologia: dalla neuropsicanalisi alla neuro-endocrino-psicoimmunologia fino alla mindfulness e alla DBT (Terapia Dialettico Comportamentale).
La compartimentalizzazione tra le varie branche, a mio avviso, rallenta qualsiasi progresso, pertanto questo volume è anche il tentativo di evidenziare e integrare questi progressi e i nuovi saperi, pur senza costituire ancora una trattazione sistematica. Mi sono inoltre prefisso di dedicare alcuni capitoli ad argomenti di attualità: siamo circondati da un oceano di “pseudoinformazione”, all’interno del quale è particolarmente laborioso isolare delle gocce d’informazione pura e utile (citando Borges ne “La Biblioteca di Babele”).
La distrazione, la mancanza di tempo e di approfondimento, un interesse superficiale verso la realtà circostante e la propaganda: sono solo alcuni dei motivi per cui la maggior parte delle volte ci si lascia travolgere dalle notizie senza verificarle con curiosità e spirito critico. Ad esempio, sapevate, per dirne una, che in Afghanistan sono deceduti molti più militari americani per suicidio che in combattimento?
Crede che questa società sia ancora capace di ispirare “buoni sentimenti”?
“Buoni sentimenti” è un’espressione desueta, ma esprime però un concetto oggi quanto mai necessario, incarnato alla perfezione nei versi di “Desiderata”: la celeberrima poesia in prosa dello scrittore statunitense Max Ehrmann scritta nel 1927. Che così recita: «Qualunque siano i tuoi affanni e le tue aspirazioni, nella rumorosa confusione della vita conserva la pace con la tua anima. Nonostante tutta la sua falsità, il lavoro ingrato e i sogni infranti, questo è ancora un mondo meraviglioso». Forse, se tutti tenessimo questo a mente, contribuiremmo a ispirare un po’ di “buoni sentimenti” nella società.
A chi consiglierebbe il suo manuale?
Alle persone curiose in generale, agli psicologi, ai medici, agli studenti, a chiunque abbia un problema di natura psicologica, a chi abbia voglia di leggere qualcosa che non sia “già sentito”, “già visto”; e a chi sia alla ricerca di un linguaggio divulgativo accessibile a tutti.
Nel suo libro, parla, anche di “mindfulness”: che cos’è di preciso?
La mindfulness è una forma di meditazione che focalizza l’attenzione sul momento attuale, coltivando un atteggiamento non giudicante. In breve, la mindfulness è l’azione di mantenere l’attenzione focalizzata sull’esperienza presente e, ogni volta che ci si distrae, riportarla nel presente. È l’atto della mente che osserva se stessa, rimanendo distanziata dai suoi contenuti – sensazioni e pensieri – e non fusa con essi, ma al contempo senza “respingerli”.
E’ interessante sapere che vari studi suggeriscono che la partecipazione ai programmi “Mindfulness-Based Stress Reduction” è associata a cambiamenti nella concentrazione di materia grigia nelle regioni del cervello, in particolare quelle coinvolte nei processi di apprendimento e memoria; inoltre, se praticata regolarmente, a lungo termine modula la cosiddetta neuroplasticità: la capacità del cervello di modificare la propria struttura, la propria funzione e le sue connessioni ed adattarsi agli stimoli a cui è sottoposto.

Molto interessante. E a chi la consiglierebbe?
La mindfulness è spesso utilizzata dal terapeuta nella gestione di eventi stressanti, e ha indicazioni cliniche specifiche per ansia, depressione e dolore cronico, attacchi di panico e numerose altre condizioni di disagio emotivo. Inoltre, può essere una valida risorsa per tutte quelle persone che vivono lutti, separazioni, cambiamenti o anche l’affaccendamento, il vivere “sempre di corsa”, al quale siamo molto spesso esposti.
Ha già un altro libro in cantiere?
Si. Più d’uno ma preferirei non parlarne ancora. Di certo ritengo molto stimolante l’idea di approfondire la trattazione della psicologia 4.0 in maniera più sistematica…
Come si definirebbe in una parola?
Mi definirei – sperando di non apparire presuntuoso – un’artista della scienza e uno scienziato dell’arte. È ciò che penso e sento riguardo a me stesso e forse e ciò che chi mi conosce bene pensa di me. Poi rispecchia in parte il fatto che la medicina e la psichiatria hanno una componente creativa: non sono come la “matematica”, per così dire.
Com’è vivere, ogni giorno, rapportandosi con il dolore altrui?
Uno psichiatra riceve tonnellate di dolore altrui e deve gestirlo per la sua qualità di vita, oltre che per il mantenimento della sua capacità professionale. Non a caso chi fa il mio lavoro (ma non soltanto!) dovrebbe praticare sedute regolari con un altro professionista. E’ la cultura della supervisione: essenziale secondo me, ma molto, troppo trascurata nella maggior parte dei contesti sanitari pubblici italiani.