“Più libri più liberi”: la ricerca della bellezza, da Azar Nafisi a Saramago

ROMA – Domenica 11 dicembre si sono conclusi i cinque giorni della Fiera della Piccola e Media Editoria, svoltasi a Roma presso la Nuvola dell’Eur. Il programma ricco di eventi e la presenza di 500 espositori, tra piccoli e medi editori, ha richiamato una grande affluenza di pubblico, con oltre 100 mila presenze.

 
I giorni di “Più libri più liberi” sono stati densi di regali, di immagini e colori, di parole che restano e che, a volte, hanno il potere di consolare. Perché nella Nuvola accade qualcosa che, al giorno d’oggi, appare simile a un prodigio: la possibilità di fermarsi ad ascoltare, magari le storie di altri, che siano il riflesso in cui riconoscersi o il vissuto nel quale mettersi in discussione. Così le parole di una donna minuta e umile, ma dalla forza straordinaria, come la scrittrice iraniana Azar Nafisi – autrice di Leggere Lolita a Teheran – ribaltano le nostre visioni, abbattono il muro di superficialità con il quale tentiamo di difenderci; e ci racconta, con un soffio di voce, della sua alunna imprigionata e poi giustiziata e di come i libri non l’abbiano salvata, non abbiano potuto niente per proteggerla dalla morte. Ma il potere dell’immaginazione l’ha resa libera, dietro le sbarre; prima e dentro la soppressione del regime, i libri hanno sgretolato la prigionia, come è accaduto a Primo Levi e ad altri insieme a lui. E il volto commosso delle centinaia di persone riunite ad ascoltare la piccola grande donna in Auditorium ha posto le basi per tornare a sperare di fronte a ciò che Zerocalcare e Ascanio Celestini hanno raccontato nell’incontro di chiusura della Fiera: quella deriva di divisione e guerra, ormai cifra primaria della nostra società; la necessità di divisione e chiusura che ci oppone a chi la pensa diversamente da noi e che, con la pretesa di salvarci, ci rende in realtà sempre più soli.
 
Ciò che rende le migliaia di persone passate attraverso la Nuvola in questi giorni un unico grande popolo, è, sì, l’amore per i libri e la letteratura, ma anche quella ricerca di umanità che ci aiuta a leggere non solo la pagina scritta, ma la Storia stessa. Per questo gli eventi più attesi e di maggiore affluenza hanno riguardato la visione profonda e avvincente sui Barbari di Alessandro Barbero e il fascino innegabile del racconto di Alberto Angela su una figura contraddittoria e unica come quella di Nerone. Per poi passare, in tarda serata – dopo una lunga attesa a causa del ritardo del treno – ad ascoltare, un po’ stanchi e un po’ arresi, le parole intime e profondamente malinconiche di Alessandro Baricco, come se a sentirlo parlare di Giappone e della sua infanzia fossimo rimasti in pochi, seduti accanto a un fuoco acceso: “leggere mi era medicina, lenimento; il libro era un luogo in cui proteggersi, lo spazio in cui potevo esistere e respirare una libertà che non potevo avere”.
 
“Più libri più liberi” è stato anche il luogo nel quale ricordare, da Camilleri a José Saramago, a Luca Serianni. La commozione, il sorriso, le parole lette e impresse sono state in fondo la consolazione di un popolo di lettori, studiosi, allievi, ritrovatisi per necessità di memoria, per necessità di dialogo. Pilar del Rio Saramago, vedova di José, ci ha raccontato lo scrittore e il saggista, il suo rapporto con l’Italia e la letteratura italiana; ci ha parlato della Divina Commedia in tre volumi posta all’entrata della sua biblioteca affinché chiunque entrasse potesse accarezzarla, toccarla, e creare un legame fisico con l’autore, con il mare antico dei suoi personaggi. Di quel giorno nel quale, in seguito al distacco della retina, nel timore dell’effettivo pericolo di una inevitabile cecità, lo scrittore vagava tra le strade del nostro Paese alla ricerca di uno squarcio, un paesaggio, un’immagine di bellezza assoluta, perché fosse la bellezza l’ultimo frammento impresso sulla sua retina.
 
I cinque giorni di “Più libri più liberi” sono stati un susseguirsi di emozioni; e camminare tra migliaia di persone col naso all’insù per la meraviglia lascia addosso una leggerezza da molto tempo dimenticata. Quella immagine di bellezza che ricercava Saramago e che qui si può intuire nei brillantini sparsi sul pavimento dell’Area Ragazzi o quando, tra le sale intitolate ai nomi dei pianeti, tre bambine giocano a “un, due, tre, stella!”; quando una donna ti racconta che la Nuvola ormai è la sua “bolla”, quel luogo di ristoro e cura di cui parlava Baricco; quando la commozione del tuo vicino è anche la tua e quella di migliaia d’altri, di fronte al racconto di un’umanità ancora possibile e salva. 

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