La grillata mista. Al tribunale del comico confessate e umiliatevi

ROMA – E’ mai possibile che il Tribunale di Grillo, la sua personale Inquisizione, costringa  persone adulte, neo parlamentari di M5S, a confessare il grave reato di aver votato per Pietro Grasso a presidente del Senato, minacci di sottoporli al giudizio della “ Rete”, una giura invisibile, una corte dove non sono ammessi difensori?

Si, è possibile. Non solo si costringono gli imputati a cospargersi il capo di cenere a umiliarsi, a dichiarare di essere disponibili a dimettersi.  Dopo averli accusati di essere responsabili di lesa maestà, la sua, dopo aver sfogato la sua rabbia, Grillo, forse sentendo che il vento non spira proprio dalla parte sua, dice che forse erano in buona fede. Siete caduti nella trappola. Di male in peggio. Tratta donne e uomini, parlamentari della Repubblica Italiana, la cui Costituzione garantisce a tutti libertà di espressione, ovunque si trovino, anche nelle aule di Palazzo Madama e di Montecitorio, come fossero dei minus habens, dei mentecatti incapaci di intendere e di volere. Confessate il vostro peccato, sembra dire il gran sacerdote, e io vi darò l’assoluzione. Ma non era  la “Rete”, la democrazia liquida a decidere?  Già la Rete, una democrazia  che può diventare al massimo antidemocratica, ci si scusi il bisticcio di parole, senza confronto, senza mediazione  e, quando c’è, è  sempre al ribasso, il più vicino possibile a chi è in posizione dominante, a chi tiene in mano il bandolo della  Rete.

Vi prego di aiutarmi a capire pacatamente

Leggiamo alcune delle dichiarazioni rilasciate da chi ha votato per Pietro Grasso. Eccone una, drammatica nei toni: “Non so se con il mio voto io ho mentito agli elettori o no. Su questo punto, io ora sono sinceramente confuso. Poi l’umiliazione: “Vi prego di aiutarmi a capire. Fatelo senza impedimenti, pacatamente. Io sono pronto a trarre le conseguenze, altrettanto pacatamente e in serenità”. “L’ho votato però, molto sinceramente, convinta di adeguarmi alle indicazioni dell’assemblea e della mia coscienza – scrive  un parlamentare –  facendo presente che la riunione che ha preceduto il voto è stata “estremamente concitata, sofferta, purtroppo conclusasi in fretta e senza il tempo di raccogliere le idee e di ricapitolare le decisioni, di verificare i presenti, e dalla quale l’unica cosa emersa all’unanimità è stato il no a Schifani”. E poi si autoaccusa: “Non tanto in mancanza di coerenza abbiamo peccato, ma piuttosto in un’organizzazione ancora imperfetta. Ma maggiormente del fatto di esserci lasciati prendere troppo dalle emozioni e troppo poco dalla logica politica, ma concedeteci l’attenuante del fatto che eravamo lì da soli due giorni”. Un altro si rivolge al Trbunale grillino: “A voi un eventuale giudizio ma per favore senza insulti…”.  

Il diritto ad un voto secondo coscienza

Altri non accettano le accuse, le respingono, sostengono il diritto ad un voto secondo coscienza. Uno definisce un’infamia la possibilità di dare il voto a Renato Schifani. “Collaborare a questa infamia – afferma – pur avendo la possibilità di impedirla (con 54 senatori), sarebbe stata una cosa insopportabile per la mia coscienza. Sarebbe stato come tradire tutta la mia vita, tutte le mie scelte, tutto quello che ho sempre ammirato e tutto quello in cui ho sempre creduto. Votare scheda bianca – conclude – era per me assolutamente impossibile. Chi ritiene questa scelta sbagliata, deve avere la piena consapevolezza che ogni altra scelta avrebbe voluto dire sostenere la possibile elezione di Schifani.  E c’è chi richiama il comunicato politico numero 45 di  Grillo del 11 agosto 2011 in cui è scritto: ”Ogni eletto risponderà al Programma del MoVimento 5 Stelle e alla propria coscienza’… e quindi in coscienza ho votato L’UOMO ANTIMAFIA Pietro Grasso”. Tribunali, Inquisizione, confessioni, umiliazioni, sono questi gli ingredienti con cui il comico genovese cerca di tenere insieme la “grillata mista” che è riuscito a comporre. Violenza all’interno, violenza all’esterno. Offesa, ingiuria nei confronti degli avversari,una escalation sempre più pericolosa. Definire “foglie di fico”, messe lì da Bersani per intrappolare gli utili idioti, persone come Laura Boldrini e Pietro Grasso  è un segnale non di forza, ma di debolezza. Oltre che una scemenza.

Condividi sui social

Articoli correlati