ROMA – Non si è parlato sole dell’Ilva di Taranto nella seduta di oggi in Commissione Ambiente alla presenza del Ministro Corrado Clini. Sul tavolo anche la questione del Sulcis e di Porto Torres nei confronti delle quali il deputato del PdL Mauro Pili ha chiesto che si avviino bonifiche e che il Governo estenda i provvedimenti in atto ai siti sardi.
«Non ci possono essere corsie preferenziali per le bonifiche ambientali, Porto Torres ed il Sulcis sono nelle stesse condizioni dell’Ilva di Taranto e devono essere immediatamente avviate. Il Governo deve estendere i provvedimenti per l’Ilva anche agli altri siti ad elevato rischio ambientale già decretati come Porto Torres e il Sulcis. – ha detto questa mattina Mauro Pili dopo essere intervenuto all’audizione del ministro dell’Ambiente Corrado Clini in commissione Ambiente della Camera sulla vicenda dell’Ilva di Taranto- Non è possibile che il caso Ilva assuma priorità assoluta in funzione dei provvedimenti della magistratura e tutti gli altri siti individuati dal Ministero, allo stesso livello di inquinamento, restino al palo ormai da anni. Non si può affrontare la questione ambientale – ha sostenuto il parlamentare, già presidente della regione Sardegna- solo con i condizionamenti della magistratura. Occorre una pianificazione organica degli interventi e questi non possono essere concentrati solo in determinate aree del Paese come l’Ilva di Taranto. Si devono utilizzare criteri oggettivi per ripartire i finanziamenti e per avviare gli interventi di bonifica. Se passasse la logica emergenziale di Taranto come criterio per stanziare risorse e avviare cantieri si aprirebbe un vulnus rilevante tra gli organi esecutivi preposti alle bonifiche e la magistratura stessa.Se per far partire i lavori di bonifica – ha continuato Pili – prescritti nelle reiterate autorizzazioni di Porto Torres, da Eni a E.On, si dovesse ricorrere alla magistratura, si rischierebbe di provocare il tracollo dell’intero sistema industriale sardo. Situazioni analoghe a quelle dell’Ilva di fatto si riscontrano nelle due aree maggiormente inquinate della Sardegna, dal Sulcis a Porto Torres. Per questo motivo – ha continuato Pili – ritengo un errore strategico il decreto per il risanamento ambientale della sola area di Taranto varato qualche giorno fa e illustrato stamane dal Ministro in commissione ambiente. Il caso Ilva deve essere un monito non un pretesto per destinare fondi esclusivamente a quell’area.
Il parlamentare è poi entrato nel merito: «Porto Torres ha raggiunto gravissimi livelli di guardia e così come capita all’Ilva, i soggetti preposti alle bonifiche non fanno altro che sfuggire alle proprie responsabilità e impugnano, per perdere tempo, ogni provvedimento che gli impone interventi urgenti e improcrastinabili. A Porto Torres – ha aggiunto Pili – lo stato di contaminazione delle acque di falda risulta particolarmente grave, con la presenza di metalli, solventi organici aromatici (Btexs), solventi clorurati, Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), altri idrocarburi e clorobenzeni, e di notevoli spessori di prodotto surnatante e, talvolta, anche di sottonatante (concentrazioni di sostanze non mescibili con acqua in cui la fase liquida – surnatante – si sia separata da quella solida). La competenza è tutta statale – ha sostenuto Pili – essendo in capo, per siti di interesse nazionale come Porto Torres e il Sulcis, al ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero dello sviluppo economico. Non si capisce quindi la corsia preferenziale per l’Ilva. Questo provvedimento – ha concluso Pili – deve essere preceduto da un quadro d’insieme, sia nella tempistica che per le risorse finanziarie. Lo stanziamento di 336 milioni di euro per l’Ilva – ha concluso – deve risultare da un quadro di riparto oggettivo delle risorse e non da una estrapolazione contingente che rischia di escludere casi emergenziali gravi quanto, se non di più, della stessa Ilva, come, appunto quelle del Sulcis e Porto Torres». Una situazione che rischia di compromettere ancora di più le precarie condizioni in cui vivono molti lavoratori ma che, al tempo stesso, diviene monito per tanti altri casi disseminati lungo lo Stivale e di cui nessuno si sta più interessando.