L’Aquila, il convitto e lo spirito del luogo

Liceo degli Abruzzi, L’Aquila, 16 luglio 2024.

Mentre la città palazzo dopo palazzo,  strada dopo strada, riprende sempre più  l’antica fisionomia, restano qua e là pezzi incompleti, tessere mancanti, ferite ancora aperte nel rinnovato tessuto urbano in ricostruzione.

Mi trovo davanti a quel che resta del “Liceo degli Abruzzi” e della storica sede del “Convitto nazionale Domenico Cotugno”. Qui intere generazioni di studenti hanno vissuto e studiato per decenni fino alla drammatica notte del 6 aprile 2009.

Tre studenti morti, il palazzo accartocciato su se stesso e poi processi, condanne e una ricostruzione lenta, incerta e che stenta a partire. “Il Convitto riaprira’ nel 2026”, ha detto di recentel’Ing. Gennaro di Maio, il responsabile unico del procedimento.

Nel frattempo il liceo, il cui edificio è inserito in uno dei più grandi complessi del centro storico, non ha mai smesso di essere attivo sul territorio, ospitato in strutture alternative e provvisorie. Eppure sono passati 14 anni dall’ultima volta in cui uno studente è entrato qui dentro.

Vedo tra le recinzioni del cantiere l’imponente portale d’ingresso. È  puntellato e impolverato, qualche erba infestante fuoriesce dalla soglia d’ingresso e dalle finestre sbarrate.

Un filo inspiegabile mi porta sempre dove c’è  una scuola. Anche oggi, qui, in questa via laterale dell’ L’Aquila che sa di calcinacci e di muffa. 

Cerco di immaginare cosa ci sia dentro, cosa sia rimasto. Ci sono ancora i banchi? Nella aule le lavagne? Nei corridoi le scritte sbiadite sul muro? Oppure tutto è stato cancellato e avvolto in un ammasso di detriti e tempo passato? 

I romani parlavano di “genius loci”, dello spirito del luogo, per indicare l’essenza profonda, ciò che rimane e ciò che resta al di là della materialità di un luogo. Come se i luoghi avessero un’anima pulsante, un respiro, un cuore che batte. 

Nonostante la precarietà e la fragilità delle impalcature che sorreggono oggi il Convitto, mi sembra di sentirli gli alunni che fanno caos mentre entrano,  i prof. che salutano, le campanelle che suonano, le declinazioni ripetute a memoria. Nel silenzio di questa via laterale e interdetta se ne sentono i rumori, le voci. Lo spirito del luogo, la scuola.

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